Traffico internazionale di stupefacenti dall’America latina: Europa in pericolo

Il criminologo Vincenzo Musacchio affronta il tema delle nuove criticità del traffico internazionale di droga verso il continente europeo con un 2023 che si chiude all’insegna di un aumento notevole della domanda in UE

Traffico internazionale di stupefacenti dall’America latina: Europa in pericolo
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Maxi sequestro - Traffico internazionale di droga

La richiesta di droghe in Europa continua ad aumentare di anno in anno, professore come possiamo spiegare questo trend negativo?

Dopo un lieve calo durante la pandemia, il consumo di droghe è purtroppo in forte ripresa, con una differenziazione dei tipi di cannabis e un netto aumento del consumo di cocaina. La domanda di stupefacenti (compresi quelli sintetici) rimane elevata in tutta l'Unione europea e questa è la principale causa del trend negativo. I narcotrafficanti internazionali stanno diventando sempre più potenti e si espandono nei nuovi mercati europei con gli ultimi farmaci a basso costo (ogni settimana si scoprono almeno due nuove sostanze stupefacenti di natura chimica), con modelli di distribuzione in continua evoluzione e con crescente abilità nell’occultamento e nella gestione del denaro derivante dalle loro vendite. Quest’aspetto deve preoccuparci e non poco poiché con le loro crescenti risorse inquineranno sempre di più la politica, l’economia e la finanza ricoprendo ruoli chiave nei mercati globali.

Esiste un legame tra narcos e terroristi?

Sempre più spesso i cartelli della droga collaborano con gruppi terroristici, utilizzando la droga per acquistare le loro armi. Dalle Farc a Hezbollah, a Hamas, da Al Qaeda a Boko Haram: dove c’è una lotta armata, c’è il traffico di droga per finanziare il conflitto. Il narcotraffico internazionale è la “banca” dove i terroristi prelevano il denaro per autofinanziarsi. Se non recidiamo questo legame, presto avremo organizzazioni terroristiche in totale simbiosi con la criminalità organizzata transnazionale.

A fronte di tutti questi sviluppi negativi l’Unione europea come si sta muovendo?

Il Consiglio dell’Unione europea ha approvato il Piano strategico in materia di droghe per il periodo 2021‑2025. Si tratta di un insieme di buoni propositi che è apprezzabile nei suoi contenuti, ma sarà di difficile attuazione poiché il moderno traffico internazionale di droga è altamente organizzato. I narcos hanno al loro servizio i migliori cervelli nel campo legale, finanziario, logistico, chimico e così via. Impiegano strumenti e tecnologie tra le più moderne per produrre, trasportare e distribuire i loro prodotti e realizzare il riciclaggio del denaro proveniente dalle loro attività criminali. Credo sia arrivato il momento di far diventare i piani strategici realtà concrete e non soltanto buone intenzioni.

Ci può fare un esempio concreto di come sia cambiata l’organizzazione del narcotraffico internazionale?

I nuovi trafficanti di droga (per es. i figli di El Chapo) sono in grado di gestire e finanziare l'intera operazione criminale senza mai entrare in contatto con la droga. Grazie alle moderne tecnologie e alla comunicazione satellitare impartiscono ordini su lussuosissimi yacht o in terre, dove la legge, di fatto, non è pienamente efficace. Rimangono puliti perché raramente possono essere collegati a specifiche operazioni di traffico di droga o dove si trovano, non è possibile stabilire alcuna prova della loro colpevolezza perché le leggi di quel territorio non sono compatibili con le nostre legislazioni. Grazie alla loro ricchezza illimitata, i narcos possono assicurarsi protezione dai procedimenti penali o, nel caso in cui tale protezione non sia disponibile, usare la violenza per eliminare i testimoni incriminanti. Hanno nella sostanza un potere quasi illimitato.

Secondo lei esiste una strategia idonea per poterli colpire efficacemente?

Certo che esiste. Occorre incidere proprio sul sistema di produzione delle sostanze stupefacenti che si è rivelato di fondamentale importanza per l'economia locale di quei territori. La quasi totalità dei piccoli agricoltori in quei territori fa affidamento per vivere solo sulla coltivazione delle varie colture per creare droghe. È su nuove alternative che occorrerà incidere per provare a rendere la distruzione delle piantagioni realmente efficace. È indispensabile dare valide scelte di lavoro ai contadini indigeni costretti a lavorare all'infinito per produrre e raffinare le piantine di coca e/o di altra droga e quindi poter sopravvivere a una vita fatta di stenti e spesso anche di morte. Manca poi un’idonea cooperazione internazionale per cui sovente i singoli Stati dell’America latina sono lasciati soli al loro inesorabile destino. Gli strumenti normativi che abbiamo, non solo in Italia, ma in tutta Europa, non sono idonei alla lotta contro i “nuovi” narcotrafficanti e il loro mondo criminale.

A livello giuridico e giudiziario cosa sarebbe più opportuno fare?

Armonizzare le legislazioni dei vari Stati membri dell’Unione europea. Abbiamo leggi apprezzabili tuttavia le strategie di lotta, i nostri codici, il processo penale, le indagini di polizia, l’inesistenza di dogane rendono difficile la lotta a narcotrafficanti perfettamente organizzati. A ciò si aggiunga una cooperazione europea e internazionale non ancora pienamente efficace. Fino a quando ciò che vale in uno Stato per perseguire un crimine non vale in un altro Stato, i criminali avranno sempre gioco facile.

Ci può fare un esempio concreto per comprendere meglio ciò che ha appena detto?

Se ci riferissimo, ad esempio, a una valutazione sistematica delle sanzioni penali imposte nei diversi Stati membri e nelle differenti circostanze per il traffico, lo spaccio e il possesso di sostanze stupefacenti noteremmo immediatamente notevoli differenze. Il grado di severità delle sanzioni, ad esempio, in Germania e nei Paesi Bassi per diversi reati legati alla droga è smisurato. Sussistono differenze nell’approccio alla condanna anche in uno Stato membro come la Germania. La Baviera, ad esempio, ha un approccio molto più duro rispetto alla Vestfalia. Si comprende bene che simili differenze aiutano i criminali che ben conoscono dove sia più conveniente delinquere.

I dati ci dicono che i narcos riciclano il loro denaro anche in Europa, le risulta?

Mi risulta. Su “Le Courrier International” pochi mesi fa è stato pubblicato un articolo dal titolo: “La Germania, paradiso del riciclaggio del denaro”. Nel sottotitolo si riporta un dato preoccupante secondo cui sarebbe di cento miliardi di euro l’anno l’ammontare del denaro riciclato nella più ricca economia europea. “Il riciclaggio di denaro – così prosegue l’articolo – è una gigantesca industria che permette a profitti provenienti da ogni genere di traffici illeciti – droga, tratta di esseri umani, corruzione, estorsioni, ricatti, di penetrare, attraverso vari passaggi, nell’economia legale. È il meccanismo attraverso il quale il denaro sporco diventa pulito”. Cito a questo proposito le stime dell’UNODOC (l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine organizzato), secondo le quali una percentuale tra il 2% e il 5% del PIL mondiale proverrebbe, ogni anno, dal riciclaggio, una somma che oscilla tra i seicento e i quattromila miliardi di dollari. Nel mondo finanziario e imprenditoriale europeo si registra una crescente contaminazione a causa dei maggiori flussi di denaro sporco. La Financial Action Task Force del G7 ha stimato che le sole vendite annuali di cocaina, eroina e cannabis ammontano a 120 miliardi di dollari negli Stati Uniti e in Europa e che 85 miliardi di dollari potrebbero essere disponibili per il riciclaggio di denaro. In Unione europea quindi si ricicla denaro sporco e anche in misura considerevole.

In conclusione, per migliorare questa situazione molto preoccupante cosa occorrerebbe fare nell’immediato?

È necessario un aumento considerevole dei fondi destinanti alla lotta contro il traffico e il commercio internazionale di sostanze stupefacenti. Personalmente aumenterei i fondi stanziati per la sostituzione delle colture illegali in America Latina, stanzierei maggiori risorse al rafforzamento delle operazioni di polizia e a quelle doganali, cercherei di far utilizzare pienamente i fondi disponibili da PHARE (si tratta di un programma con l'obiettivo di aiutare i Paesi più poveri a costruire un'economia di mercato basata sulla libera impresa e sull'iniziativa privata) e ripristinerei TACIS (programma della Comunità europea di cooperazione transfrontaliera avviato nel 1991 e attivo fino al 2006, avente l’obiettivo prioritario di promuovere, attraverso il trasferimento di know-how e il sostegno degli investimenti, la trasformazione verso un’economia di mercato e lo sviluppo della democrazia negli Stati partner dell’Europa) estendendolo ai Paesi dell’America Latina. Migliorerei le comunicazioni e della raccolta d’informazioni tra polizie e magistrature internazionali. Rafforzerei le attività di controllo ai posti di frontiera esterni dell'Unione europea in special modo nelle zone portuali e negli aeroporti. Arrestare corrieri e sequestrare droga e mezzi di trasporto non basta, bisogna identificare, rintracciare e consegnare alla giustizia i leader delle organizzazioni criminali coinvolte nel traffico internazionale di droga in Europa, confiscare i loro beni e fare il modo che coltivare piantagioni di droga non sia più conveniente per chi di quel lavoro vive. Se potessi, lavorerei su questi aspetti. 

Vincenzo Musacchio, criminologo forense e investigativo. associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro ordinario dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Giovanni FalconePaolo Borsellino nella seconda metà degli anni Ottanta. È tra i più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali. Esperto di strategie di lotta alla corruzione e al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto europeo di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative in ambito europeo.