Emilia Romagna

Piantedosi: "Inaccettabili torture nel carcere di Reggio Emilia", Nordio: "Provo sdegno e dolore"

I fatti risalgono allo scorso aprile: tutto è stato documentato da un video diffuso ieri. Il Garante regionale dei detenuti: è una pagina nera. A marzo dieci agenti di polizia penitenziaria saranno davanti al giudice per l'episodio

"Fermo restando che tutto deve essere accertato nelle sedi competenti, e quindi dare giudizi molto netti preventivamente è sempre qualcosa che deve avere un certo riguardo, è ovvio che non sono cose accettabili. Ogni volta che una persona è ristretta, sotto la vigilanza di organi dello Stato, deve essere assicurata la dignità della persona in modo duplice rispetto alle normali condizioni". Così il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, conversando coi cronisti a Imola rispondendo a chi chiedeva un commento sul video del pestaggio nel carcere di Reggio Emilia.

"Provo sdegno e dolore, sono immagini indegne per uno Stato democratico". Così da parte sua il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. "In attesa che la magistratura ricostruisca i fatti e accerti le responsabilità, voglio sottolineare come sia stata la stessa Polizia penitenziaria a svolgere le indagini, su mandato della Procura - ha detto il ministro - l'amministrazione penitenziaria tutta è la prima ad auspicare che si faccia luce fino in fondo sulla vicenda: siamo impegnati a garantire la legalità in ogni angolo di ogni istituto".

"Le immagini del violento pestaggio di un detenuto nell'istituto penale di Reggio Emilia rappresentano una pagina nera della gestione carceraria nella nostra regione".

Lo dice il garante dei detenuti dell'Emilia-Romagna, Roberto Cavalieri, che interviene sugli episodi di violenza nei confronti di un detenuto tunisino, che risalgono al 3 aprile scorso, da parte di una decina di agenti della penitenziaria reggiana (tutto è stato documentato dal video diffuso ieri). Il garante, contattato dal legale del detenuto dopo la denuncia agli agenti della penitenziaria, aveva già incontrato il tunisino (nel frattempo trasferito a Parma), per accertarsi delle sue condizioni. "Non si può che provare un senso di ripugnanza e dolore- continua Cavalieri- nel vedere uomini in divisa usare metodi non solo illegali ma che tolgono ogni sembianza umana a un uomo incappucciandolo, colpendolo con pugni e calci, rendendolo totalmente vulnerabile e indifeso".

Quindi, ecco la condanna del garante: "Esprimo ferma condanna verso quanto visito nelle immagini, rivolgo invece un plauso alla Procura di Reggio Emilia che ha condotto l'indagine avvalendosi anche del nucleo investigativo regionale della Polizia penitenziaria". Cavalieri interviene poi sul reato di tortura: "In Italia esiste una legge sul reato di tortura, che in questi giorni però è sotto attacco: con un disegno di legge parlamentare si vorrebbe, infatti, abrogarla". Da qui, l'appello del garante regionale all'Assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna: "È necessario che intervenga anche l'Assemblea regionale per chiedere a Roma di conservare uno strumento centrale a difesa dei diritti delle persone detenute".

Dall'inizio dell'anno nelle strutture carcerarie italiane sono già morte 36 persone e di queste 16 si sono tolte la vita.

Nell'ultimo anno il numero dei detenuti in carcere in Italia è cresciuto molto, arrivando quasi a 60.000. Il sovraffollamento è arrivato al 115%. In Emilia-Romagna i detenuti sono 3.603 (dati al 31 gennaio), per soli 2.979 posti.

Il detenuto picchiato: “Un lungo momento di terrore puro”
 

"E' stato un lungo momento di terrore puro, in cui ho pensato che non avrebbero mai smesso". Lo raccontò nella denuncia alla Procura il 43enne detenuto vittima di un pestaggio in carcere a Reggio Emilia, il 3 aprile 2023, per cui dieci agenti saranno a marzo in udienza preliminare. "Ho esposto al mio avvocato - proseguiva il detenuto dopo aver ricostruito tutto quello che gli era successo - la mia ferma volontà di denunciare l'accaduto, perché come io sto pagando per gli errori che ho fatto, è giusto che chi mi ha picchiato, approfittando del mio stato detentivo e della circostanza che fossi ammanettato e in minoranza, risponda legalmente di ciò che ho fatto. Sono consapevole dei rischi che posso correre denunciando tutto questo proprio mentre sono nello stesso carcere, ma non è giusto quello che è successo".

 

“Temo possa risuccedere”
 

"Devo ammettere che nonostante credo sia giusto denunciare quello che è successo, ho molta paura che possa risuccedere, anche perché quello che è successo quel giorno e quello che ho provato non lo dimenticherò mai. In queste notti non riesco a dormire perché ripenso a quanta paura ho avuto di morire e a tutta quella forza e violenza che è stata usata nei miei confronti mentre ero a terra e ammanettato". Sono le parole verbalizzate pochi giorni dopo il pestaggio del 3 aprile in carcere a Reggio Emilia nella denuncia del 43enne detenuto. 

Sappe: agenti lavorano in clima violenza

"Il detenuto che si vede nel video aveva già ricevuto circa 30 procedimenti disciplinari. Ogni giorno si contano tra i poliziotti feriti, anche gravi. Ciò non giustifica eventuali eccessi nell'operato degli stessi, ma quando si lavora in un clima di violenza quotidiana, l'esasperazione può portare a gesti inconsulti": lo scrive in una nota il segretario generale aggiunto del Sappe Giovambattista Durante e Francesco Campobasso, segretario nazionale - commentando le gravi violenze nei confronti di un detenuto tunisino nel carcere di Reggio Emilia, per le quali sono indagati una decina di agenti penitenziari.
"Da quanto si può vedere dal video diffuso, che non fa certo bene all'istituzione che rappresentiamo - sottolinea Durante -  relativamente ai fatti accaduti nel carcere di Reggio Emilia, ricordiamo che la responsabilità penale è personale e, quindi, la magistratura farà il suo corso, giungendo ad una sentenza definitiva. Dobbiamo però ricordare, a dimostrazione del vero lavoro che fa la Polizia Penitenziaria nelle carceri, che ogni anno vengono salvati circa 1700 detenuti che tentano il suicidio. Per converso, nelle stesse carceri, ogni anno, si verificano circa 10.000 episodi di violenza, da parte dei detenuti, tra i quali tantissime aggressioni ai Poliziotti, ormai esasperati per le condizioni lavorative".

"Negli ultimi dieci anni - affermano Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del SAPPE e Francesco Campobasso, segretario nazionale - a causa di riforme scellerate, come la vigilanza dinamica e le celle aperte, che si sta cercando di cambiare, la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, la riduzione degli organici, il sistema penitenziario è arrivato al collasso. Quanti hanno immaginato un carcere dove i detenuti si autogestiscono, hanno solo consentito agli stessi di convincersi che le regole non esistono più e coloro che cercano di farle rispettare sono dei nemici da abbattere. Da qui la violenza quotidiana che registriamo nelle carceri", sottolineano i sindacalisti del Sappe, ricordando che dal 2014 ad oggi gli episodi di violenza sono triplicati, proprio a causa delle riforme citate.
"Agli agenti che sbagliano si chiede giustamente conto del loro operato, ma coloro che hanno gestito e assunto decisioni sbagliate negli ultimi dieci anni hanno sicuramente una responsabilità politica e amministrativa alla quale non possono sottrarsi- concludono i sindacalisti -. È necessario riformare il sistema penitenziario e lo stiamo facendo, con corsi di formazione per gestire al meglio la sicurezza, gruppi di intervento specializzati per gli eventi più gravi, schermatura degli istituti per evitare l'uso di telefoni cellulari, utilizzo di droni per controllare dall'esterno le carceri. È necessario anche istituire al più presto il ruolo tecnico degli educatori, affinché gli stessi operino nelle sezioni detentive, soprattutto per quei detenuti meritevoli di essere seguiti".