L'aggressione il 30 gennaio scorso

La 13enne violentata dal branco a Catania: Dna estratto da indumenti vittima è del terzo fermato

Per l'accusa è la conferma della sua partecipazione agli abusi commessi ai danni della ragazzina che lo ha accusato e riconosciuto nel confronto "all'americana". 7 i fermati, tre sono minori. Tutti sono di origine egiziana

Dopo l'identificazione di tre componenti del ‘branco’, tra cui i due autori dello stupro, un nuovo elemento contribuisce a far luce sul tragico episodio di violenza ai danni di una ragazzina di soli 13 anni, avvenuto martedì scorso nei bagni pubblici della Villa Bellini di Catania.

Il terzo Dna, estratto dalle tracce biologiche prelevate dagli indumenti della 13enne assalita dal branco, coincide con quello del settimo fermato che era stato sottoposto a tampone per prelevare materiale biologico da confrontare con le tre tacce ematiche, seminali e salivari trovate sugli slip della ragazzina. Per l'accusa è la conferma della sua partecipazione agli abusi commessi ai danni della ragazzina che lo ha accusato e riconosciuto nel confronto 'all'americana' che si è svolto alla presenza del magistrato che coordina le indagini dei Carabinieri. 

"E' lui, uno dei due che mi hanno violentata", ha detto senza esitazioni e con estrema lucidità la 13enne catanese nel riconoscere il settimo fermato dai Carabinieri. L'indagato è risultato essere da poco maggiorenne e quindi la sua posizione sarà trattata dalla Procura distrettuale, mentre quella per i minorenni ha un fascicolo su altri due dei sette egiziani coinvolti.

La ragazza ha complessivamente identificato tre componenti del 'branco: un minorenne e un maggiorenne che l'avrebbero violentata e un altro egiziano che la bloccava impedendole di sottrarsi agli abusi. A contribuire al riconoscimento degli altri 5 membri del 'branco', oltre a uno di loro che ha collaborato con gli inquirenti, sarebbe stato anche il fidanzato della 13enne, costretto ad assistere allo stupro mentre veniva tenuto fermo. 

"Vi imploro, vi supplico, non mi fate del male, lasciatemi andare...".

Con queste parole la ragazza, il 30 gennaio scorso, ha tentato disperatamente di dissuadere i 7 componenti del branco, tre dei quali minorenni, tutti di origine egiziana.   

Mentre trapelano dettagli sempre più agghiaccianti della violenza, è arrivata anche la notizia del fermo del settimo indagato che sembrava irreperibile: si tratta di uno dei tre indagati trovato nella comunità dove alloggiava mentre recuperava degli effetti personali. Secondo gli investigatori stava per fuggire nel tentativo di far perdere le proprie tracce. 

I sette ragazzi sono stati fermati a Catania perché ritenuti responsabili della violenza di gruppo. I Carabinieri hanno eseguito i fermi su disposizione della procura distrettuale e di quella dei minori. 

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la vittima era a villa Bellini insieme al suo fidanzato 17enne che è stato immobilizzato da una parte del gruppo, mentre due ragazzi nei bagni dell'area verde l'hanno violentata sotto lo sguardo degli altri. La tredicenne e il fidanzato hanno denunciato i fatti, consentendo di risalire all'identità dei componenti del branco.

Sono due le inchiesta aperte per violenza sessuale di gruppo aggravata: quella della Procura distrettuale, il procuratore facente funzioni Agata Santonocito, l'aggiunto Sebastiano Ardita e il sostituto Anna Trinchillo; e quella della Procura per i minorenni, diretta da Carla Santocono. Sulla violenza sessuale di gruppo indagano i Carabinieri del nucleo Investigativo del comando provinciale di Catania, in collaborazione con militari dell'Arma del nucleo Operativo della compagnia Piazza Dante e della stazione Piazza Verga.

Don Patriciello: "Non è una emergenza limitata”

"Quello che è avvenuto a Caivano, e ora a  Catania, è la punta di un iceberg. Ci sono al Sud, ma anche al Nord,  tante aree in cui sono ammassate povertà sociali che alimentano le  povertà educative alla base di queste violenze. Noi facciamo finta di  non vedere, di credere che sia un'emergenza limitata solo a pochi e  sporadici quartieri. Così ci mettiamo la coscienza a posto". Lo  afferma in un'intervista a Quotidiano Nazionale, don Maurizio  Patriciello, il parroco di Caivano. 

"Se siamo ancora qui a raccontare casi di violenza brutale, di stupri commessi da minorenni, beh allora vuol dire che noi adulti abbiamo sbagliato, abbiamo deciso di non educare - aggiunge - Tutto ciò che  riguarda i minorenni chiama in causa gli adulti, sono loro che devono  per primi farsi l'esame di coscienza e domandarsi cosa hanno seminato  in questi anni, che cosa hanno insegnato e quale esempio hanno dato".