Le 83 mozioni di sfiducia nella storia della Repubblica

Ci fu un unico ministro sfiduciato: Filippo Mancuso. Se la prese col pool di Mani Pulite

Delle 83 mozioni di sfiducia, a partire da quella per Andreotti nel 1984, solo in un caso si arrivò a "dimissionare" un ministro. Questo perché a chiedere il licenziamento sono sempre le opposizioni, tranne in quell'unica volta

Ci fu un unico ministro sfiduciato: Filippo Mancuso. Se la prese col pool di Mani Pulite
(LaPresse)
La Camera dei Deputati

Lo ha precisato lo stesso Maurizio Gasparri ieri nella trasmissione Un Giorno da Pecora: “le sfiducie non passeranno, innanzitutto per una regione prettamente statistica”.

La prima mozione fu 1984, quando venne utilizzata per la prima volta nei confronti del Ministro degli Esteri Giulio Andreotti per il coinvolgimento nel caso del faccendiere Michele Sindona. In quel caso, però, era diverso. I Radicali raccolsero le firme necessarie (il 10% alla Camera e poi al Senato) per arrivare a un voto che non era la richiesta individuale di dimissioni del ministro ma in quel caso impegnava il Governo a farlo dimettere. 

Non c'era, infatti, la mozione di sfiducia individuale, così come la conosciamo noi oggi, e l'intento evidente era quello di colpire l'esecutivo. La mozione, alla Camera, non passò per l'astensione dei socialisti (Andreotti era il ministro degli Esteri del Governo presieduto da Bettino Craxi), e quando venne presentata al Senato, si decise di "regolamentare" la sfiducia individuale senza correre il rischio di una crisi di Governo. Da quel momento la nuova “mozione di sfiducia individuale” fu utilizzata 82 volte - ma solo in un caso portò al voto di sfiducia e alle dimissioni del ministro. 

Era il 1995, il governo era presieduto da Lamberto Dini e ministro della Giustizia era Filippo Mancuso. Siamo nel pieno dell'inchiesta di Mani Pulite e il guardasigilli inviò un'ispezione al Tribunale di Milano perché giudicò poco ortodosso l'uso da parte del pool della carcerazione cautelare, a suo avviso utilizzata per costringere alla confessione le persone sotto indagine. Ci fu una ribellione generale da parte dell'opinione pubblica che si strinse attorno al pool, che venne difeso dallo stesso presidente del Consiglio e dal presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro

A quel punto le firme necessarie per la sfiducia vennero raccolte dalla composita maggioranza di governo. Un segnale forte, una sorta di avviso di sfratto per il ministro che non servì a condizionare Mancuso alle dimissioni volontarie. Così quella mozione venne votata e il ministro fu sfiduciato da una larga maggioranza.
Fu, comunque, l'unico caso. E proprio sulla base di quel caso che è l'eccezione, possiamo trovare le risposte legate al perché non c'è preoccupazione per le mozioni di sfiducia ai ministri Daniela Santanchè e Matteo Salvini

In 82 casi, contando anche l'anomalo caso di Giulio Andreotti, le mozioni di sfiducia ai ministri sono state presentate dai partiti di opposizione e alla fine la compattezza della maggioranza evita sempre di mettere sotto scacco il proprio esecutivo. Nel momento in cui un ministro diventa indifendibile non c'è la mozione di sfiducia ma la moral suasion del presidente del Consiglio che, nei fatti, lo convince - per l'appunto - alle dimissioni per evitare problemi alla maggioranza di Governo. E può solo convincerlo poiché, da Costituzione, il presidente del Consiglio non può “licenziare” un membro del suo Esecutivo. 

Cosa che non accadrà per Salvini ma che, rispetto alle discussioni interne ai partiti di maggioranza e all'inchiesta in corso, potrebbe accadere per Daniela Santanchè nel momento in cui i suoi guai giudiziari non fossero più gestibili politicamente.