Oslo

La figlia della Premio Nobel per la pace: "Sono certa che non rivedrò mai più mia madre"

Oggi la cerimonia ufficiale della consegna del prestigioso premio nelle mani dei figli adolescenti dell'attivista iraniana Narges Mohammadi in carcere a Evin per aver contestato la pena di morte, la tortura e il velo islamico obbligatorio in Iran

I figli adolescenti della vincitrice iraniana del Premio Nobel per la pace Narges Mohammadi, attualmente in carcere a Evin, in conferenza stampa a Oslo hanno dichiarato di temere di non incontrare mai più la loro madre, anche se hanno affermato di essere orgogliosi della sua lotta a favore dei diritti umani negati in Iran.

Mohammadi, 51 anni, sta scontando diverse condanne nel famigerato carcere Evin di Teheran con l'accusa di diffondere propaganda antigovernativa, per la sua lotta contro la pena di morte, la tortura e l'uso del velo islamico obbligatorio in Iran

Quando l'Accademia le ha consegnato il premio il 6 ottobre, qualcuno ha visto un rimprovero alla teocrazia di Teheran, e la condanna della Repubblica islamica. 

I suoi figli gemelli di 17 anni, Ali e Kiana Rahman, che vivono in esilio a Parigi insieme al padre Taghi Rahmani anche lui noto attivista, ritireranno il premio presso il municipio di Oslo e terranno la conferenza del Premio Nobel per la pace a suo nome. In una lettera fatta uscire di prigione e pubblicata questa settimana dall'emittente svedese SVT, Mohammadi ha affermato che continuerà a lottare per i diritti umani anche se ciò la porterà alla morte. Ma ha detto che le mancavano di più i suoi figli.
 

La figlia Kiana si dice pessimista sul futuro della madre: "Quando si tratta di rivederla un giorno, personalmente, sono molto pessimista perché, strategicamente, quando le verrà assegnato il Premio Nobel per la Pace, beh, il governo iraniano la imprigionerà ancora di più e le toglierà più libertà. Quindi personalmente sono piuttosto pessimista. Credo che l'ultima volta che ho visto mia madre sia stato quando avevo nove anni. Adesso ha già una condanna a dieci anni e, mandando lettere, discorsi così oltre al carcere, questo aggiunge alla sua condanna. Quindi per il momento ha dieci anni, e due fascicoli che non sono nemmeno ancora aperti. Quindi forse la rivedrò tra 30 o 40 anni, ma penso che non la rivedrò più. Ma questo non importa perché mia madre vivrà sempre nel mio cuore e con la mia famiglia."


Il fratello gemello Ali la pensa diversamente: "Per me è esattamente il contrario. Fin dall'età di quattro anni, ho accettato che la mia famiglia non convivesse e fosse sotto pressione, e l'ho accettato perché, come ha detto mia sorella, credo che la democrazia e la libertà siano valori importanti sono importanti e sono diritti e dobbiamo lottare per questi. Personalmente sono molto ottimista. Non credo che rivedrò mia madre tra due, cinque o dieci anni. Potrebbe volerci anche di più, ma rimarrò ottimista perché ci credo davvero, credo nella nostra vittoria. Come diceva mia madre la vittoria non è facile, è certa e non prevedo la possibilità di perderla. E anche se ciò dovesse accadere, come dice mia sorella ha detto, non importa, saremo sempre molto, molto orgogliosi di nostra madre e continueremo a combattere, per quanto possiamo, come fanno tanti iraniani sia all'interno che all'esterno dell'Iran."