Smart working e salute: che cosa sappiamo?

Unica soluzione nelle fasi più critiche della pandemia per contenere i contagi senza ridurre la produttività, lo smart-working è divenuto poco alla volta un valido strumento di lavoro. Come conciliarlo con la salute?

 Smart working e salute: che cosa sappiamo?
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Smart working

Per alcuni, è soltanto un lontano ricordo. Per altri, ha rappresentato lo spartiacque: tra buona parte della propria vita nella fase precedente la pandemia e quello condotto dal 2020 in avanti. Durante la prima ondata lo smart-working - inteso come la possibilità di lavorare da qualsiasi luogo al di fuori dell’ufficio, in alcuni casi potendo contare anche sulla flessibilità oraria - è entrato a far parte della quotidianità di quasi dieci milioni di italiani. Oggi si stima che a praticarlo siano almeno la metà dei connazionali. Per molti, la prassi è destinata a durare anche oltre la fase di emergenza. Di fronte a un cambiamento epocale nel mondo del lavoro, è dunque lecito chiedersi anche quali possano essere le ricadute per la salute. 

Un grande aiuto per ridurre i contagi

Unica soluzione nelle fasi più critiche della pandemia per contenere i contagi senza ridurre la produttività, lo smart-working è divenuto poco alla volta un valido strumento di lavoro. Soprattutto per i cosiddetti lavoratori della conoscenza, spesso in grado di portare avanti le proprie attività affidandosi semplicemente a un computer e a una buona connessione. Sebbene in molti uffici le misure adottate abbiano comunque contenuto la diffusione di Sars-CoV-2, è un dato di fatto che soprattutto nelle metropoli la possibilità di lavorare da casa abbia ridotto il rischio di contagio. Non soltanto tra le mura aziendali, ma anche sui mezzi di trasporto pubblico. Su questo aspetto, epidemiologi e infettivologi sono sempre stati concordi. Così come, alla luce del migliorato quadro nazionale, nelle ultime settimane sono aumentate le rassicurazioni anche nei confronti del lavoro in presenza. Visti i buoni numeri della campagna vaccinale, la scelta è ormai affidata al confronto tra aziende e dipendenti. I rischi di contagio e malattia, al momento, sono considerati di molto inferiori rispetto ai momenti di massima circolazione del coronavirus. Fasi in cui, peraltro, i vaccini non c’erano o non erano comunque stati somministrati con la capillarità di oggi.

Più o meno stress con lo smart-working?

Misurare gli impatti dello smart-working sulla salute non vuol dire però concentrarsi soltanto sul rischio infettivo. Un altro degli aspetti maggiormente indagati riguarda lo stress correlato al lavoro. Portarlo avanti da casa ci aiuta oppure no? Le evidenze, come sintetizzato in un articolo pubblicato sul portale della Federazione degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri , non sono ancora sufficienti per trarre conclusioni definitive. La galassia, in linea di massima, si divide in due. Da una parte ci sono coloro che preferirebbero rimanere più a lungo tra le mura di casa. Dall’altra chi non vede l’ora che i momenti da trascorrere in ufficio aumentino. I primi, soprattutto giovani e lavoratori con figli non piccolissimi, apprezzano la maggiore flessibilità che consente una migliore conciliazione dei ritmi della vita professionale con quella famigliare. È interessante notare - aspetto emerso da uno studio svedese pubblicato sull’«International Journal of Environmental Research & Public Health»  - come lo smart-working sembri attivare maggiormente il sistema nervoso parasimpatico. E poiché la componente parasimpatica del sistema nervoso autonomo favorisce uno stato di rilassamento, gli autori hanno interpretato questo dato come una prova del fatto che lavorare da casa sia meno stressante che dall’ufficio. A fare da contraltare, un incremento dello stress nei lavoratori riscontrato in altri studi condotti tra i lavoratori in modalità agile. A fare la differenza, in questo caso, l’altro volto della flessibilità, che ha portato diverse persone a rimanere inchiodate di fronte ai propri smartphone e pc spesso oltre l’orario di servizio. 

 Come conciliare lo smart-working con la salute

 Che lo smart-working possa avere delle implicazioni sulla salute lo si evince anche dalla scelta dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di redigere un rapporto ad hoc sul tema . Secondo gli esperti dell’agenzia sanitaria delle Nazioni Unite, lavorare da casa potrebbe favorire uno stile di vita più sano. Con più tempo a disposizione, infatti, i dipendenti avrebbero l’opportunità di consumare pasti più salubri rispetto a quanto accade in ufficio. Oltre al tempo da dedicare all’attività fisica. Bisogni essenziali per un corretto stile di vita, ma che risultano spesso difficili da soddisfare per chi lavora in una grande città e con i classici orari d’ufficio. Nel rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, fra gli effetti positivi del lavoro da remoto, si fa anche riferimento alla diminuzione dei valori della pressione arteriosa e una diminuzione del consumo di sigarette e alcolici.

 Trovare il tempo per l’attività fisica 

 Aspetto però anche questo controverso, perché l’opportunità di lavorare da casa potrebbe incrementare la sedentarietà. Con i rischi che ne conseguono per la salute: dall’aumento di peso corporeo a tutte quelle condizioni che da questo potrebbero derivarne. Per questo occorrerebbe comunque trovare il modo per fare almeno trenta minuti di moderata attività fisica al giorno: se non è possibile tra le mura domestiche, con una passeggiata durante una pausa. La Fnomceo raccomanda inoltre a chi lavora dal proprio studio o dalla cucina l’uso di «una sedia ergonomica e una scrivania regolabile, in modo da poter collocare il centro del monitor del computer all’altezza degli occhi». Onde evitare la comparsa di mal di schiena e disturbi muscoloscheletrici, riportati in uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli sulle colonne dell’«International Journal of Environmental Research & Public Health» . Attenzione va posta anche alle abitudini alimentari, per evitare un eccessivo consumo di prodotti confezionati e di bevande dall’apporto calorico elevato.

 Evitare la fatica da «Zoom»

 Tra gli aspetti riportati da molti lavoratori, c’è infine l’affaticamento provocato dalle numerose piattaforme online utilizzate per le riunioni. Nel gergo tecnico si parla ormai di «Zoom fatigue»: la sensazione di sentirsi perennemente connessi e sotto osservazione e che, alla lunga, potrebbe aumentare lo stress da lavoro. Da qui le indicazioni conclusive dei camici bianchi italiani, che invitano a prevedere nell’arco della giornata una serie di pause, a rimanere in contatto con i colleghi e a recarsi comunque in ufficio almeno una volta alla settimana. Così facendo si potrà evitare che lo smart-working mostri il suo volto negativo. Lasciando invece spazio ai tanti benefici che - nella tragedia della pandemia - è riuscito a garantire nella vita di milioni di persone.

 

 Twitter @fabioditodaro