Ucraina

Ucciso il regista lituano Mantas Kvedaravičius. Stava girando un documentario a Mariupol

Il regista ucciso con la "telecamera in mano" mentre girava nella città devastata dalla guerra a cui aveva già dedicato un film nel 2016

Ucciso il regista lituano Mantas Kvedaravičius. Stava girando un documentario a Mariupol
(Ansa)
Il regista lituano Mantas Kvedaravicius ucciso a Mariupol mentre lavorava a un documentario sulla guerra

Era tornato nella città di Mariupol, nel Sud-Est dell'Ucraina, per continuare a documentare il conflitto che aveva già filmato durante le battaglie nel Donbass del 2014. Poi aveva presentato il suo lavoro a Berlino nel 2016 dal titolo "Mariupolis". Purtroppo questa volta il regista lituano Mantas Kvedaravičius è morto “con la telecamera in mano”, mentre era alla guida di un'auto colpita da un razzo: condotto d'urgenza in ospedale, è deceduto poco dopo il ricovero. 

Kvedaravičius era molto conosciuto per alcuni documentari premiati nei principali festival europei, tra cui Barzakh (2011) sui rapimenti in Cecenia e appunto Mariupolis (2016). 

A dare la notizia è stato il noto il regista russo-lettone Vitaly Mansky, anima del festival dei documentari Artdocfest di Mosca. Kvedaravičius, 45 anni, documentarista e antropologo stava cercando di lasciare la città ucraina devastata dall'aggressione russa, dove era impegnato a documentare il conflitto. Laureatosi all'Università di Vilnius, aveva conseguito un master in antropologia culturale in Inghilterra, e stava completando la sua tesi di dottorato all'Università di Cambridge. 

Mantas Kvedaravičius e Vitaly Mansky Facebook @vitaliy.manski
Mantas Kvedaravičius e Vitaly Mansky

"Mantas Kvedaravičius è stato ucciso a Mariupol - ha scritto su Twitter l'ambasciatrice della Lituania presso gli Usa Audra Plepyte - dove stava documentando le atrocità di guerra delle truppe russe. Aveva fatto documentari premiati sulla Cecenia, Mariupol e altri".

Aveva già raccontato la vita della popolazione dell'area del Donbass durante la presa della Crimea, area da allora rimasta sotto la costante minaccia del conflitto tra separatisti filorussi e nazionalisti ucraini, conflitto diventato in pochi anni una guerra sanguinaria cominciata 39 giorni fa.  Il suo sguardo rivolto alla quotidianità dei cittadini alla continua ricerca di una vita normale nonostante le continue minacce russe. 

Un’altra vita sacrificata per mostrare al mondo la guerra, la stessa sorte che è toccata a Maks Levin, il fotoreporter ucraino scomparso il 13 marzo mentre documentava gli scontri e trovato morto in un villaggio vicino a Kiev.