Alcol e salute: le insidie ora arrivano (soprattutto) dalla Rete

Un dossier dell'Organizzazione Mondiale della Sanità svela come l'industria stia puntando soprattutto al marketing digitale per consolidare ed estendere il proprio mercato. Prendendo di mira le fasce più deboli: i giovani, le donne e forti bevitori

Alcol e salute: le insidie ora arrivano (soprattutto) dalla Rete
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Alcol e salute

 

Elementi per dimostrare un effetto benefico sulla salute non ce ne sono: nonostante qualche informazione di questo tipo continui a circolare anche all’interno della classe medica. Le bevande alcoliche sono «nemiche» della salute, a tutte le età. Ma oltre che dal gusto personale, fare in modo che alcolici e superalcolici rimangano lontani dalla dieta è reso più difficile dalle strategie di marketing delle aziende. Sempre più pervasive e subdole, condotte perlopiù attraverso i nuovi media e dirette ai tre target di maggiore interesse per il mondo produttivo: quello consolidato dei forti bevitori e quelli futuribili delle donne e dei giovani. Questo lo scenario che emerge dal primo rapporto con cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fotografato le strategie di marketing utilizzate dall’industria degli alcolici per favorirne i consumi.

 

L’alcol una insidia (soprattutto) per i giovani

Le stime ufficiali parlano di almeno tre milioni di persone che ogni anno perdono la vita a causa dei danni provocati dal consumo di bevande alcoliche. Birra, vino, cocktail: nessuna di queste bevande è esente da rischi per la salute. Rischi che sono molteplici: a seconda del profilo del consumatore (età, sesso) e della modalità di consumo (abituale moderato o più votato all’eccesso occasionale). Tra i ragazzi, che assieme agli anziani e alle donne rappresentano il «target» di consumatori più vulnerabile, il consumo eccessivo di alcolici è correlato a quelle che sono le principali cause di morte nella loro fascia d’età: gli incidenti (stradali, ma non solo), gli omicidi e i suicidi. Indipendentemente dalla fonte, poiché è l’etanolo la principale fonte di rischio: non la bevanda che lo contiene. I giovani prediligono il «binge drinking» - l'ubriacatura veloce - mirato allo «sballo». Da qui il consumo frequente di cinque-sei drink in successione. L' incapacità fisiologica dell'organismo di metabolizzarlo - almeno fino ai 18-21 anni - lo rende un rischio immediato. Per lo sviluppo del cervello, prima ancora che per il fegato. «Il pericolo di danno cerebrale persiste fino a 25 anni e si manifesta con deficit di memoria e orientamento: ecco perché non bisognerebbe mai mettersi alla guida dopo aver bevuto», è quanto non si stanca di ripetere nelle scuole Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio Alcol dell’Istituto Superiore di Sanita, che di queste tematiche si occupa nel suo blog sul Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. A essere tossici per il cervello sono l'etanolo e il metabolita acetaldeide, in grado di provocare danni permanenti, strutturali e funzionali. Le due molecole, agendo come un detergente, possono sciogliere i grassi che danno stabilità alle membrane dei neuroni. La conseguenza è il danno irreversibile, fino alla morte, delle cellule cerebrali.

 

 

Gli effetti dell’alcol sul cervello

In tutti i casi, l’alcol non fa bene alla salute. L' abuso è anche associato alla carenza di tiamina, portando alla sindrome di Wernicke-Korsakoff: una forma di demenza che si manifesta come conseguenza del deficit di alcuni micronutrienti. Il troppo alcol, poi, è associato alla demenza vascolare, visto il legame con fattori di rischio come ipertensione, ictus cerebrale, fibrillazione atriale e scompenso cardiaco. Se si smette di bere, comunque, il processo di degenerazione è parzialmente reversibile. Anche se la «ricostruzione» non si instaura subito. La maggiore vulnerabilità si riscontra a livello del corpo calloso e della fimbria, strutture deputate alla connessione tra aree del cervello coinvolte nella formazione dei ricordi, nel sistema di ricompensa (è qui che si innesca il meccanismo del bere compulsivo) e nella maturazione delle decisioni. Aspetti che riguardano tanto i giovani (il cui cervello è in formazione) quanto gli anziani (per età già esposti a un rischio più alto di sviluppare disturbi psichiatrici e malattie neurodegenerative).

 

Il rischio oncologico indotto dall’etanolo

L' etanolo - assieme al metabolita acetaldeide - è anche una sostanza cancerogena. Sono gli organi dell'apparato digerente i più vulnerabili: a partire dal colon-retto (nei consumatori moderati), fino all' esofago, allo stomaco, al fegato e al pancreas (nei forti bevitori). Ma esiste anche una relazione tra l'incremento delle quantità di alcol e le probabilità di ammalarsi di tumore al seno. Nelle ragazze e nelle donne il rischio che corre chi beve rispetto a chi non beve cresce del 7 per cento per ogni bicchiere in più rispetto alla soglia di 10 grammi di etanolo al giorno e aumenta fino al 27 per cento, se il tessuto presenta i recettori agli estrogeni. La probabilità, così come per gli altri cancerogeni, è proporzionale all'esposizione. Ma il monito vale comunque anche per i consumatori occasionali: non esistono livelli di consumo sicuri correlati al rischio oncologico.

 

Così il marketing delle aziende «sfida» la salute

Fin qui l’evidenza dei numerosi effetti negativi dell’alcol - per chiarezza: tanto più robusti quanto maggiore è l’esposizione: in termini di frequenza e quantità di consumo - sulla salute. Eppure, nonostante un ventaglio così ampio di potenziali conseguenze, le cattive abitudini continuano a rimanere stabili. A certificarlo, per l’Italia, l’Istituto Superior di Sanità.  Quasi un connazionale su 6 ne fa un consumo a maggior rischio per la salute. Tra loro principalmente giovani (tra i 18 e i 24 anni la quota sfiora il 33 per cento), uomini e persone socialmente più avvantaggiate: senza difficoltà economiche o con un alto livello di istruzione. Al di là del piacere, a giocare un ruolo decisivo è anche la pubblicità. Così come descritto per i sostituti del latte materno , in questo caso la spinta sta arrivando dal marketing digitale. Una conseguenza dei tempi, accelerata dalla pandemia e dal «trasferimento» per lunghi mesi della vita sociale online. Dal rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità emerge infatti che le tecniche di marketing adottate dall’industria dell’alcol si sono fatte «molto sofisticate» e «difficili da regolamentare» nel momento in cui gli spot - celandosi dietro un’applicazione, un post sponsorizzato, un forum o l'attività di un influencer - valicano i confini nazionali. Un altro veicolo di promozione del consumo di bevande alcoliche è rappresentato dagli eventi sportivi, spesso scelti dall’industria dell’alcol per erogare corpose sponsorizzazioni. E dal cosiddetto «product placement» all’interno di serie tv e film.

 

Giovani, donne e forti bevitori i più esposti 


In questo modo le grandi compagnie del settore riescono a raggiungere i target di riferimento: a partire dai più giovani, per arrivare poi alle donne e ai forti bevitori. I ragazzi sono osservati con grande interesse dai produttori di bevande alcoliche, dal momento che diversi studi hanno dimostrato che chi inizia a bere in giovane età ha forti probabilità di farlo per buona parte della vita. Quanto alle donne, al momento rappresentano un quarto dei consumatori su scala globale. Da qui la scelta dell’industria, che punta a estendere il proprio mercato puntando soprattutto su messaggi che mettono in risalto la parità di genere. Le donne diventano così protagoniste di campagne di responsabilità sociale che - per citare alcuni degli esempi riportati nel rapporto - hanno come focus il tumore al seno e la violenza domestica. O vengono ingaggiate - attingendo soprattutto al mondo dello sport e dello spettacolo - per spot pubblicitari.  «Così come accaduto per i prodotti del tabacco, i governi nazionali devono integrare le restrizioni al marketing dell’industria dell’alcol nelle strategie di salute pubblica», è l'indicazione agli Stati membri riportata nero su bianco nel dossier dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

 

Twitter @fabioditodaro