Il viaggio

Papa Francesco in Kazakhstan, presenza fondamentale per il processo di pace mondiale

In Asia la Chiesa incontra popoli orgogliosi ma non ostili, lontani ma non incompatibili con il Vangelo. L'intervista a Mons. Adelio Dell’Oro

Papa Francesco in Kazakhstan, presenza fondamentale per il processo di pace mondiale
Cortesia rivista cattolica nazionale Kazakistan
Il manifesto di benvenuto di Papa Francesco

È un viaggio storico quello di Papa Francesco, il 38mo, dal 13 al 15 settembre in Kazakhstan, la più grande repubblica dell'Asia centrale a vantare una grande diversità religiosa. Un Paese dalla maggioranza musulmana che sarà meta di pellegrinaggio per circa 3 mila cattolici. 

È il nuovo volto della Chiesa cattolica in Asia, in un periodo contraddistinto da antiche e nuove divisioni, che sta acquisendo connotazioni più asiatiche, una storia segnata da un percorso di sofferenze e persecuzioni, ma anche di aperture e scoperte, sempre nell’ottica del dialogo interreligioso.

I cattolici in Kazakhstan sono un piccolo gregge, lo 0,01% della popolazione. Circa un quarto di questa minoranza è composto da cristiani perlopiù ortodossi. I fedeli sono distribuiti in quattro circoscrizioni (Maria Santissima Arcidiocesi di Astana – Nur-Sultan, Diocesi della Santissima Trinità ad Almaty, Diocesi di Karaganda e Amministrazione Apostolica di Atyrau) per un totale di 70 parrocchie e cento sacerdoti. 

L'arrivo di Francesco in Kazakistan avviene dopo l’approvazione, con oltre il 77% dei voti favorevoli, di un referendum sulla Riforma Costituzionale che seppellisce definitivamente l'era dell'ex presidente Nazarbayev, al potere da tre decenni, e dopo una serie di rivolte che nel 2022 hanno causato circa 230 morti. Infatti l’ondata di cambiamenti che sta investendo la società kazaka disegna la prospettiva non solo di un nuovo modello interno ma anche di una visione alternativa dopo la dissoluzione dell’Impero Sovietico.

Francesco durante la sua visita incontrerà il Presidente del Kazakhstan, Kasim-Yomart Tokáyev, il secondo capo di stato post-sovietico. Per il presidente dell'ex repubblica sovietica in carica da tre anni, che solo ora si sta liberando del passato, sarà per certi versi una consacrazione estremamente preziosa. 

Ma il motivo che porta Papa Francesco nel cuore dell’Eurasia, è anche la sua partecipazione alla VII edizione del Congresso dei Leader religiosi mondiali e tradizionali, per promuovere la pace e il dialogo tra i diversi gruppi religiosi. Il primo Congresso, realizzato alla fine degli anni '90 su iniziativa del primo presidente post sovietico Nazarbaev, aveva lo spirito di edificare una riconciliazione globale per risanare le profonde ferite causate da anni di Guerra Fredda e ateismo.

Armonia e tolleranza sono infatti principi comuni dell’esistenza umana alla base dell'Enciclica "Fratelli tutti", soprattutto dello storico documento "Sulla fraternità umana a favore della pace e della pacifica convivenza " approvato anche dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel dicembre 2020. Occasione per edificare le basi per un dialogo costruttivo, e non formale, tra tutte le religioni, distanti da quei sentimenti religiosi personali che intensificano solo conflitti e ostilità. 

Le ripercussioni del conflitto nel non distante scenario ucraino avranno un forte peso così come l’annunciata non presenza all’evento del Patriarca di Mosca Kirill.

Già Giovanni Paolo II nel settembre del 2001, a pochi giorni dall'attentato alle Torri Gemelle, testimoniò il riconoscimento da parte della Santa Sede dell'importante ruolo del Kazakistan sulla scena mondiale, in primo luogo, nel rafforzare il dialogo per la pace, in cui il pontefice invitava a risolvere “le controversie con i negoziati e il dialogo, non con le armi”.

Con la nomina a cardinale del missionario italiano in Mongolia, Mons. Giuseppe Marengo, pastore di un piccolo gregge in un paese particolarmente rappresentativo delle "periferie "del mondo, Bergoglio manifesta uno sguardo attento al continente asiatico, erede di antichi popoli seminomadi che non hanno mai dominato gli altri e sono stati spesso ridotti a pedine nei "grandi giochi" delle superpotenze. In Asia la Chiesa ha incontrato popoli orgogliosi ma non ostili, e deve raccogliere la sfida di grandi tradizioni spirituali, lontane ma non incompatibili con il Vangelo.

 

Abbiamo incontrato Mons. Adelio Dell’Oro, milanese, 74 anni, da 25 anni in Kazakhstan

 Mons. Adelio Dell’Oro Cortesia Chiesa cattolica in Kazakistan
Mons. Adelio Dell’Oro

Perché è importante la visita di Papa Francesco in Kazakhstan?

È interessante che in un Paese come il Kazakhstan, a maggioranza musulmana, già vent’anni fa si sia organizzato il I Congresso dei Leader religiosi mondiali e tradizionali, in cui sono stati rappresentati anche i cristiani. Mi sembra interessante che il presidente Kasim-Yomart Tokáyev abbia voluto con grande insistenza la presenza di Francesco a questo Congresso interreligioso. Nel mondo c’è grande stima nei suoi confronti, per la sua testimonianza, soprattutto in quei Paesi presso quelle autorità e quei popoli che sono aperti alla verità. Le autorità di questo Paese hanno una grande considerazione per la persona di Francesco e ritengono che possa avere (speriamo e preghiamo) una grande influenza in tutto il mondo da un palcoscenico di questo genere.

Quali sono gli argomenti da toccare in questa VII edizione del Congresso interreligioso?

Il tema è l'importanza dei leader delle religioni nel processo di pace mondiale. In un paese dove il modo di vivere, le differenze, la mentalità degli uomini sono esattamente come in tante altre parti del mondo e questo è dovuto alla globalizzazione, personalmente vedo negli uomini, ma soprattutto nei giovani, che le aspirazioni, rispetto a tanti anni fa, sono molto ridotte, pensano alle cose materiali come unica fonte di felicità. La domanda è qual è lo scopo alla fin fine della mia vita? Solo il materiale? Queste domande vengono soffocate da questa mentalità globalizzante e sono essenziali per poter vivere da uomini. La presenza di questi leader e del Papa richiama all’attenzione non solo noi cattolici.

Il Patriarca Kirill ha rinunciato alla sua presenza al Congresso. Come avete accolto questa notizia?

Personalmente sono molto dispiaciuto, perfino provo grande dolore, mi sembra un’occasione, come dire, un po' persa, per trovare insieme la radice e l’origine della pace. Ma bisogna accettare. La sua venuta e l'incontro soprattutto con Papa Francesco e con il resto del congresso, avrebbe dato ancora più forza al significato dei lavori. Dopo l’incontro con Kirill a Cuba del 2016, e dopo il recente incontro online, un nuovo incontro di persona sarebbe stato un contributo notevole a questo processo di pace, in particolare per quanto riguarda sull’apporto che le varie religioni possono dare al processo di pace nel mondo.

Come viene visto Francesco in Kazakhstan?

Il pontefice viene ben visto. Ma sulla domanda le do un esempio concreto. Da due anni circa la comunità il Faro si prende cura di giovani con disabilità fisica e non solo. Questo gruppo di volontari ha un ruolo molto importante nel territorio poiché le persone con disabilità sono persone “invisibili”, non si devono far vedere. 

Quando ho raccontato alle mamme, che sono di origine musulmana, ortodossa, protestante e cattoliche dell'arrivo di Papa Francesco, tutte hanno accolto la notizia in maniera gioiosa tanto da chiedere di partecipare alla messa con i loro figli disabili in prima fila insieme alle autorità. Hanno reagito subito perché sono senza pregiudizi e hanno percepito che sarà un avvenimento importante. È un bel contraccolpo per vincere una mentalità che non è ancora pronta ad accogliere persone con disabilità.

Cosa significa essere cattolico in Kazakhstan?

La presenza dell'islam in questo paese è molto forte, ma non è fondamentalista. I cattolici vengono interpellati continuamente sulla nostra religione, che parte dal basso, da una carità che si prende cura dell’altro, mettendo il Vangelo in ogni situazione quotidiana. Perciò l'ecumenismo si costruisce dal basso, con la gente, perché la gente non ha nessun pregiudizio. Qui il cattolico viene visto come un uomo che ha un cuore umano. Le altre confessioni vedono e percepiscono questa vicinanza. E si sente che loro sono con te, anche se sono diversi.

In cosa venite interpellati come cattolici? 

Per esempio ci chiedono spiegazioni sul perché per i cattolici Dio è uno ma anche Trinità, oppure come sia possibile che Dio sia venuto sulla terra e sia diventato uomo. Questi sono alcuni degli interrogativi che ci pongono. L’essere cattolici in questo luogo è un continuo dare ragioni della nostra fede. Gli ortodossi stessi, con cui i riti sono diversi ci chiedono perché il Papa è il punto di unità in tutto il mondo o perché la sua figura è così importante.

Non ci sono dissidi tra di noi, ma il rischio è di una unità e di un dialogo formale. Per questo io vedo che l’ecumenismo, si, bisogna anche costruirlo dall’alto, certamente non lo nego, ma soprattutto dal basso.

Comunità cattolica in Kazkistan Comunità cattolica in Kazkistan
Comunità cattolica in Kazkistan