Papa Francesco: "Basta fondamentalismi, le religioni sono la risposta alla sete di pace"

Il Sommo Pontefice in Kazakistan al Congresso delle religioni: "Ogni essere umano è sacro, dobbiamo riscoprire l'arte dell'accoglienza"

Papa Francesco: "Basta fondamentalismi, le religioni sono la risposta alla sete di pace"
AP
Papa Francesco in Kazakistan

Quattro sfide: la pandemia, la pace e il bisogno della stessa, l’accoglienza fraterna e, infine, la custodia della casa comune ossia l’attenzione all’ambiente.

Papa Francesco, nel suo discorso in apertura della sessione plenaria al settimo Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali, a Nur-Sultan in Kazakistan, ha toccato quattro temi diversi e importanti.

"Fino a quando continueranno a imperversare disparità e ingiustizie, non potranno cessare virus peggiori del Covid: quelli dell'odio, della violenza, del terrorismo. Sì, perché è proprio l'indigenza a permettere il dilagare di epidemie e di altri grandi mali che prosperano sui terreni del disagio e delle disuguaglianze – ha aggiunto - Il maggior fattore di rischio dei nostri tempi permane la povertà". 

Parlando ai leader religiosi il Papa ha sottolineato che "è necessaria, per tutti e per ciascuno, una purificazione dal male. Purifichiamoci, dunque, dalla presunzione di sentirci giusti e di non avere nulla da imparare dagli altri, liberiamoci da quelle concezioni riduttive e rovinose che offendono il nome di Dio attraverso rigidità, estremismi e fondamentalismi, e lo profanano mediante l'odio, il fanatismo e il terrorismo, sfigurando anche l'immagine dell'uomo". 

"Non giustifichiamo mai la violenza", ha aggiunto. "Dio è pace e conduce sempre alla pace, mai alla guerra. Impegniamoci dunque, ancora di più, a promuovere e rafforzare la necessità che i conflitti si risolvano non con le inconcludenti ragioni della forza, con le armi e le minacce, ma con gli unici mezzi benedetti dal Cielo e degni dell'uomo: l'incontro, il dialogo, le trattative pazienti, che si portano avanti pensando in particolare ai bambini e alle giovani generazioni. Esse incarnano la speranza che la pace non sia il fragile risultato di affannosi negoziati, ma il frutto di un impegno educativo costante, che promuova i loro sogni disviluppo e di futuro”

Quindi il tema della “religiosità autentica” perché “è anche l'ora di lasciare solo ai libri di storia i discorsi che per troppo tempo, qui e altrove, hanno inculcato sospetto e disprezzo nei riguardi della religione, quasi fosse un fattore di destabilizzazione della società moderna", ha sottolineato il Papa. "In questi luoghi è ben nota l'eredità dell'ateismo di Stato, imposto per decenni, quella mentalità opprimente e soffocante per la quale il solo uso della parola 'religione' creava imbarazzo", ha ricordato il Pontefice.   "In realtà, le religioni non sono problemi, ma parte della soluzione per una convivenza più armoniosa. La ricerca della trascendenza e il sacro valore della fraternità possono infatti ispirare e illuminare le scelte da prendere nel contesto delle crisi geopolitiche, sociali, economiche, ecologiche ma, alla radice, spirituali che attraversano molte istituzioni odierne, anche le democrazie, mettendo a repentaglio la sicurezza e la concordia tra i popoli". "Abbiamo dunque bisogno di religione per rispondere alla sete di pace del mondo e alla sete di infinito che abita il cuore di ogni uomo", ha aggiunto il Papa.

Infine, l’accoglienza. Papa Francesco ha osservato che "oggi è grande la fatica di accettare l'essere umano".   "Ogni giorno nascituri e bambini, migranti e anziani vengono scartati. Tanti fratelli e sorelle muoiono sacrificati sull'altare del profitto, avvolti dall'incenso sacrilego dell'indifferenza. Eppure ogni essere umano è sacro". Ed "è compito anzitutto nostro, delle religioni, ricordarlo al mondo!". 

"Mai come ora assistiamo a grandi spostamenti di popolazioni, causati da guerre, povertà, cambiamenti climatici, dalla ricerca di un benessere che il mondo globalizzato permette di conoscere, ma a cui è spesso difficile accedere - ha affermato il Pontefice-. Un grande esodo è in corso: dalle aree più disagiate si cerca di raggiungere quelle più benestanti. Lo vediamo tutti i giorni nelle grandi migrazioni. Non è un dato di cronaca, è un fatto storico che richiede soluzioni condivise e lungimiranti".   

"Certo, viene istintivo difendere le proprie sicurezze acquisite e chiudere le porte per paura - ha riconosciuto -è più facile sospettare dello straniero, accusarlo e condannarlo piuttosto che conoscerlo e capirlo. Ma è nostro dovere ricordare che il Creatore, il quale veglia sui passi di ogni creatura, ci  esorta ad avere uno sguardo simile al suo, uno sguardo che riconosca il volto del fratello". 

E, quindi, l’esortazione: "Riscopriamo l'arte dell'ospitalità, dell'accoglienza, della compassione. E impariamo pure a vergognarci: sì, a provare quella sana vergogna che nasce dalla pietà per l'uomo che soffre, dalla commozione e dallo stupore per la sua condizione, per il suo destino di cui sentirsi partecipi".   

"È la via della compassione, che rende più umani e più credenti - ha aggiunto - Sta a noi, oltre che affermare la dignità inviolabile di ogni uomo, insegnare a piangere per gli altri, perché solo se avvertiremo come nostre le fatiche dell'umanità saremo veramente umani”.

Il messaggio di Kirill 

"Non c'è dubbio che oggi l'umanità sta attraversando uno dei periodi più difficili della storia moderna. Alle sfide poste dalla pandemia di coronavirus si aggiungono i problemi alimentari, energetici ed economici causati dai tentativi di costruire un mondo senza valorimorali". Lo ha affermato il patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill nel saluto inviato ai partecipanti al 7/o Congresso dei Leader delle religioni mondiali e tradizionali.

Il messaggio di Kirill è stato letto nella sessione inaugurale dal metropolita Antonij di Volokolamsk, capo del Dipartimento delle relazione ecclesiastiche esterne del Patriarcato moscovita. Secondo il patriarca di Mosca, "il percorso di dittatura, rivalità e confronto scelto da alcuni governanti di questo mondo sta portando l'umanità alla distruzione. E in queste condizioni, è la fede che può rimettere in sesto le persone, riportarle sulla via del dialogo e della cooperazione, perché nelle religioni tradizionali i principi morali fondamentali dell'esistenza umana rimangono incrollabili".