La canzone

"Baraye", l'inno della protesta iraniana ai Grammy è in una nuova playlist di Spotify

Spotify lancia "Women of Iran": una nuova playlist in sostegno del popolo iraniano, in cui c'è il celebre brano di Shervin Hajipour reduce di 95mila voti per la candidatura ai Grammy come migliore canzone nella sezione dedicata al cambiamento sociale

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Per ballare nei vicoli
Per il terrore quando ci si bacia
Per mia sorella, tua sorella, le nostre sorelle
Per cambiare le menti arrugginite
Per la vergogna della povertà
Per il rimpianto di vivere una vita ordinaria
Per i bambini che si tuffano nei cassonetti e i loro desideri
Per questa economia dittatoriale
Per l'aria inquinata…

Sono solo i primi versi della canzone simbolo della protesta iraniana in nome di Mahsa Amini che ora valica i confini della Repubblica islamica dell'Iran. Parole tratte dai messaggi dei manifestanti della protesta cominciata con l'hijab in cui si riconoscono le migliaia di giovani iraniani e non: il brano “Baraye”(in italiano “Per”) del musicista iraniano Shervin Hajipour, ha ricevuto 95 mila voti per la candidatura a nuova migliore canzone dei Grammy nella sezione 'Best Song for social change' dedicata al cambiamento sociale. 

Hajipour, 26 anni, arrestato il 29 settembre 2022, due giorni dopo la pubblicazione della canzone, è stato rilasciato su cauzione il 4 ottobre 2022 a seguito di pressioni internazionali.  Dopo il rilascio era riapparso su Instagram garantendo in un video di non voler lasciare l'Iran e di voler continuare a cantare.

Per dare spazio alle voci delle donne iraniane, che negli ultimi quattro mesi hanno guidato la lotta per i diritti umani in Iran, Baraye, insieme a molte altre composizioni, è entrata in una nuova playlist lanciata da Spotify. Intitolata 'Women of Iran', include canzoni di iconiche artiste iraniane, tra cui Googoosh, Mahasti e Hayedeh, e il rapper Toomaj Salehi, tutti arrestati e imprigionati dopo aver condiviso musica a sostegno della lotta contro le ingiustizie perpetrate dalla Repubblica islamica sul suo popolo.

Nella playlist, un'altra canzone simbolo della resistenza: Bella Ciao nella versione in farsi cantata dal duo femminile Behin e Samin Bolouri che diventò subito virale all'inizio delle proteste per Mahsa Amini.  

E a pochi giorni dall'apertura del Festival della canzone italiana di Sanremo c'è chi chiede che l'inno della resistenza iraniana abbia spazio all'interno della kermesse canora più famosa al mondo.

"L'Academy è profondamente commossa dall'enorme volume di sottoscrizioni, ha affermato il Ceo della Recording Academy Harvey Mason Jr. Sebbene non possiamo prevedere chi vincerà il premio, siamo onorati dalla consapevolezza che l'Academy sia una piattaforma per chi vuole mostrare sostegno all'idea che la musica sia un potente catalizzatore per il cambiamento". 

Il lancio della playlist sulla piattaforma svedese utilizza per altro la funzione di clip di playlist, come fossero 'storie' collegate, fornendo così una piattaforma a musicisti, comici, designer, produttori e altri iraniani per discutere di cultura, arte, processo creativo e l'importanza della libertà di espressione. 

La playlist include anche artisti iraniani della diaspora, tra cui Rana Mansour, Snoh Aalegra e la cantante iraniano-olandese Sevdaliza, che ha pubblicato una serie di canzoni a sostegno della rivoluzione in corso in Iran. Molti di loro sono fuggiti dalla censura del regime, rifugiandosi all'estero.