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Kosovo, ancora tensioni dopo il voto: pronta la visita degli inviati speciali Usa e Ue

Kosovo, ancora tensioni dopo il voto: pronta la visita degli inviati speciali Usa e Ue getty
Ancora proteste per l'insediamento dei sindaci di etnia albanese dopo gli scontri che hanno creato nuove tensioni dentro e fuori il Paese. La comunità internazionale chiede nuove elezioni. Kurti: "Al voto solo se si fermano le proteste"
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Calma tesa in nord del Kosovo dove anche oggi gruppi di serbi locali si stanno radunando davanti ai municipi di Zvecan, Leposavic e Zubin Potok in nuove manifestazioni di protesta per chiedere l'allontanamento dei sindaci di etnia albanese eletti il 23 aprile scorso e il ritiro delle unità di polizia kosovara dal nord a maggioranza serba. Le città sono le stesse degli ultimi violenti scontri tra manifestanti serbi e truppe Kfor del 29 maggio scorso, le cui conseguenze hanno causato una forte crisi diplomatica e civile dentro e fuori i confini del Paese dichiaratosi indipendente dalla Serbia nel 2008: trenta militari Nato feriti - di cui 11 italiani e 19 ungheresi - e una cinquantina di serbi. 

'Noi non siamo criminali, vogliamo solo la libertà', 'Non ci caccerete dalle nostre case', ‘Vogliamo la pace, non lacrimogeni e bombe’, gli slogan sui cartelli dei manifestanti.

Oggi al termine di colloqui telefonici con alcuni vertici dell'amministrazione americana, da Pristina il premier kosovaro Albin Kurti ha posto una condizione: avvierà nuove elezioni solo se cesseranno le "violente proteste davanti ai municipi" e con la piena attuazione dell'accordo concluso di recente in sede negoziale a Bruxelles. 

Intanto i media serbi rilanciano la notizia che gli inviati speciali per i Balcani occidentali di Ue e Usa, Miroslav Lajcak e Gabriel Escobar, saranno in missione a Belgrado e Pristina il 5 e 6 giugno prossimi con l'obiettivo principale di placare le nuove tensioni interetniche tornate a preoccupare l'area dell'ex-Jugoslavia.  

Gli scontri in Kosovo il 29 maggio scorso

Il premier non ha gradito le critiche della comunità internazionale (quelle fatte da Usa e Ue) che ha definito eccessive, giustificando l'intervento della polizia e delle truppe Kfor come necessario alla difesa delle istituzioni democratiche. Il segretario di Stato Antony Blinken si è detto convinto che la decisione di Pristina di usare le forza per l'insediamento dei sindaci, ha fatto aumentare "nettamente e in modo non necessario le tensioni". Nei giorni scorsi, gli Stati Uniti hanno espulso il Kosovo da un'esercitazione Nato minacciando di sospendere anche l'azione di lobby internazionale per il riconoscimento del Paese a livello mondiale.

"Gli Stati Uniti sono un nostro alleato indispensabile, amico e partner - ha detto ancora Kurti - noi siamo eternamente grati per la nostra liberazione e indipendenza, per il nostro sviluppo e democrazia. Ma ora è arrivato il momento di far sentire la verità democratica all'autoritarismo al potere", ha detto poi Kurti in un'intervista al Washington Post.

Il primo ministro del Kosovo Albin Kurti

Ieri era stato l'Alto rappresentante Ue per la politica estera Josep Borrell, dopo incontri separati con i presidente serbo Aleksandar Vucic e kosovaro Vjosa Osmani, a margine del vertice della Comunità politica europea di Chisinau, a indicare per primo la necessità di nuove elezioni. Richieste precise per sbloccare la "situazione pericolosa" nel nord del Paese: nuove elezioni locali, garantire la partecipazione dei serbi del Kosovo e avviare i preparativi per l'Associazione/Comunità delle municipalità a maggioranza serba in Kosovo. Gravi le conseguenze per le relazioni future se queste opzioni non fossero realizzate, ha ammonito il numero uno della diplomazia europea. Approvano lo stesso intendimento Germania e Francia.

Sempre a proposito di Chisinau, il presidente serbo Aleksandr Vucic ha detto di aver avuto una "difficile conversazione con il presidente francese Eammnuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz sulla nuova escalation della violenza in Kosovo e Metochia, nonché sull'attuale situazione regionale e globale e sul futuro europeo della Serbia", in occasione del vertice della Comunità politica europea a Chisinau.