Balcani

Kosovo, la Nato invia altri 700 soldati. Borrell: "La calma va ripristinata ora"

Serbi davanti al municipio di Zvecan, Kfor transenna l'area. Capo di Stato maggiore della Difesa: "Importante restare per allontanare lo spettro della guerra”. Ministero dello Sport contro il tennista serbo Djokovic: "Messaggio politico e militante"

Kosovo, la Nato invia altri 700 soldati. Borrell: "La calma va ripristinata ora"
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Kosovo: serbi si radunano davanti a municipio Zvecan, Kfor transenna area

La tensione resta alta in Kosovo, dove gli scontri nel Nord rischiano di trasformarsi in una pericolosa miccia in una delle aree più infiammabili dell'Europa e del mondo. 

Alcune migliaia di manifestanti serbi si sono radunati davanti al municipio di Zvecan, a 45 chilometri a nord della capitale Pristina, uno dei quattro maggiori Comuni del nord a maggioranza serba. Chiedono il ritiro delle unità di polizia dal nord del Kosovo a maggioranza serba e la rinuncia dei nuovi sindaci di etnia albanese, eletti il 23 aprile scorso, a insediarsi nelle sedi municipali dei Comuni serbi del nord.

I dimostranti hanno dispiegato una grande bandiera serba di 250 metri e, con gli altoparlanti vengono diffuse musiche patriottiche e canzoni tradizionali.

Le truppe della missione di pace Kfor, guidata dalla Nato, hanno transennato l'area con recinzioni metalliche e barriere di filo spinato per evitare nuovi scontri dopo quelli che, nei giorni scorsi, hanno causato il ferimento di 30 soldati internazionali, tra cui 14 militari italiani.

Forte è la presenza di forze dell'ordine e di militari Nato anche intorno ai Municipi di Zubin Potok e Leposavic, altri due Comuni a maggioranza serba, dove si prevedono nuove manifestazioni di protesta da parte dei serbi locali. 

A Leposavic gruppi di dimostranti hanno presidiato per tutta la notte la sede del Comune, dove il nuovo sindaco albanese ha trascorso evidentemente la seconda notte per ragioni di sicurezza.

Manifestazione serba davanti al municipio di di Zvecan Ap
Manifestazione serba davanti al municipio di di Zvecan

La ragione degli scontri

I disordini sono iniziati venerdì scorso quando le forze di polizia kosovare sono intervenute nei comuni di Leposavic, Zubin Potok e Zvecan per disperdere gli esponenti della comunità serba che cercavano di impedire l’ingresso nei comuni ai sindaci di etnia albanese. 

Tali sindaci sono ritenuti illegittimi essendo stati eletti in una consultazione che, per il boicottaggio dei serbi, ha fatto registrare una affluenza di appena il 3%. E non si accetta che sindaci rappresentanti il 2% degli abitanti albanesi vadano a governare città la cui popolazione è al 98% costituita da serbi.

Le proteste di questi giorni non riguardano invece la municipalità del settore nord (serbo) di Kosovska Mitrovica, il cui nuovo sindaco non è di etnia albanese ma bosniaca, e che è stato accettato dagli abitanti serbi della città.

La Nato invia altri 700 soldati

Nel rassicurare sulle condizioni degli italiani feriti, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso la sua grande preoccupazione avvertendo, come anche il capo della diplomazia europea Josep Borrell del rischio di un'escalation: "Non possiamo permetterci un'altra guerra", ha detto l'alto rappresentante per la politica estera Ue, mentre la Nato ha deciso di aumentare il contingente della missione in Kosovo, la Kfor, di 700 unità.

Inoltre, "a un ulteriore battaglione di forze di riserva è stato ordinato di ridurre i propri tempi di preparazione al dispiegamento da quattordici a sette giorni, per essere pronto a rafforzare le forze Nato in Kosovo, se necessario", ha stabilito il comando della Forza alleata congiunta di Napoli, Munsch. La decisione è - ha detto - "una misura prudente per garantire che la Kosovo Force abbia le capacità di cui ha bisogno per mantenere la sicurezza in conformità con il nostro mandato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite".

Kosovo: serbi si radunano davanti a municipio Zvecan, Kfor transenna area Ansa
Kosovo: serbi si radunano davanti a municipio Zvecan, Kfor transenna area

Borrell: “Accolgo con favore la decisione della Nato”

"Accolgo con favore la decisione del Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg di schierare altre 700 truppe in Kosovo. Continueremo il nostro stretto coordinamento e la cooperazione con la missione Nato in Kosovo Kfor anche attraverso la nostra missione Eulex. La calma deve essere ripristinata ora". Lo scrive in un tweet l'Alto rappresentante Ue, Josep Borrell, dopo la decisione dell'Alleanza transatlantica di mandare dei rinforzi all'indomani dei violenti scontri tra manifestanti serbi e polizia kosovara.

Blinken: “Le decisioni di Pristina alimentano le tensioni”

Il segretario di Stato americanoAntony Blinken è tornato a commentare con preoccupazione la situazione di alta tensione nel nord del Kosovo, criticando la decisione della dirigenza di Pristina di garantire con la forza l'accesso alle sedi municipali dei Comuni serbi del nord del Kosovo. Un approccio questo, a suo dire, che contribuisce inutilmente ad accrescere le tensioni.   

Citato dai media serbi, Blinken ha lanciato un nuovo appello alle parti ad adottare misure urgenti per allentare le tensioni. "Il premier Albin Kurti e il suo governo devono fare in modo che i nuovi sindaci espletino temporaneamente la loro attività di servizio da sedi alternative fuori dagli edifici comunali, e che vengano ritirate le forze di polizia presenti nella zona", ha detto Blinken. 

Il segretario di stato ha chiestoal tempo stesso al presidente serbo Aleksandar Vucic e al governo di Belgrado di ridurre lo stato di allerta delle Forze armate e di chiedere ai serbi del Kosovo di cessare le provocazioni e gli attacchi alle truppe Kfor, evitando altre azioni di violenza. Belgrado e Pristina, ha aggiunto, devono tornare al più presto al dialogo sotto l'egida Ue per la normalizzazione dei loro rapporti.

Cavo Dragone: “Importante restare per allontanare lo spettro della guerra”

"Per tanto tempo ho sentito mettere in discussioni le ragioni della nostra presenza in Kosovo. Abbiamo invece compreso nelle ultime settimane quanto fosse importante restare,  perché quest'area è stata focolaio di conflitti storici e di una grave crisi politica, umanitaria e militare negli anni Novanta. Non è un  caso che la nostra presenza garantisca il costante riallineamento di equilibri fluidi e soprattutto abbia offerto l'opportunità a tante  generazioni di vivere in pace e prosperare, allontanando lo spettro della guerra in casa nostra". 

Lo ha detto il capo di Stato maggiore della Difesa, Giuseppe Cavo Dragone, nell'ambito dell'esame congiunto della deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla  partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali per  l'anno 2023.        

"Non so quando ci saranno le condizioni per un nostro ritiro dal  Kosovo oppure dal Libano - ha aggiunto - ma so che potrebbero esser necessari tempi lunghi e che non sarebbe saggio ritirarsi prima del  superamento delle ragioni politiche e sociali all'origine del nostro intervento".

Novak Djokovic Ap
Novak Djokovic

Il caso Djokovic

Abituato a far parlare di sé non solo per le sue imprese sportive, Novak Djokovic ha voluto dire la sua sulle tensioni tra Serbia e Kosovo. Dopo aver sconfitto l'americano Aleksandar Kovacevic 6-3, 6-2, 7-6 (7-1), al primo turno al Roland-Garros, il tennista serbo ha usato il tradizionale momento della firma della telecamera per lanciare un messaggio politico. Si è attardato qualche minuto sul campo e ha scritto: "Il Kosovo è il cuore della Serbia, fermate la violenza".

Il Comitato olimpico nazionale del Kosovo si è rivolto al Comitato olimpico internazionale chiedendo una sanzione contro Djokovic, accusato di "aver aumentato il livello di tensione e violenza tra i due Paesi, Serbia e Kosovo", in violazione del punto 5 della Carta Olimpica (neutralità politica).

Anche il ministro dello sport francese Amelie Oudea-Castera (ex direttrice della Federazione francese di tennis) ha giudicato il messaggio di Djokovic "non appropriato". "Quando si tratta di difendere i diritti umani e di riunire le persone intorno a valori universali, uno sportivo è libero di farlo", ha detto. Ma quando si tratta di un messaggio "militante e molto politico" come quello del giocatore serbo, "non deve più accadere". La carta etica del Roland-Garros vieta qualsiasi dichiarazione politica o religiosa. Ma la FFT ha rilasciato un comunicato stampa piuttosto criptico, senza affrontare la questione di un'eventuale sanzione: "I dibattiti che attraversano le cronache internazionali a volte si svolgono ai margini del torneo, il che è comprensibile", si è limitata a dire la federazione.