Almeno 52 detenuti sono morti a causa di un incendio scoppiato durante una rivolta nel carcere di Tuluá, città della Colombia a ovest della Capitale Bogotà. Altri trenta detenuti sono stati feriti e portati in ospedale. Il generale a capo dell’agenzia carceraria del paese, Tito Castellanos, ha dichiarato che è stata avviata un’indagine per chiarire quanto accaduto, ma ha anticipato che l’incendio è scoppiato dopo che i detenuti hanno dato fuoco ad alcuni materassi, di loro iniziativa, per impedire alle guardie di fermare una protesta.
La prigione di Tuluá contiene 1.267 detenuti e il blocco dove si è verificato l’incendio ne ospitava 180. Le carceri colombiane hanno un grave problema di sovraffollamento: ci sono 81 mila posti, ma le persone presenti sono circa 97 mila, secondo i dati ufficiali.
Il presidente colombiano uscente Iván Duque, in visita in Portogallo, ha scritto su Twitter di essere “solidale con le famiglie delle vittime” e di aver “dato istruzioni” per portare avanti le indagini che permetteranno “di chiarire questa terribile situazione”.
Il presidente eletto Gustavo Petro – progressista di sinistra che ha vinto le elezioni dello scorso giugno e che entrerà in carica il prossimo agosto – ha scritto che lo stato colombiano ha pensato al carcere come a un luogo “di vendetta e non di riabilitazione” e che quanto accaduto a Tuluá “obbliga a un completo ripensamento della politica carceraria” affinché venga messa al centro la “dignità del detenuto”.
I media nazionali colombiani stanno mostrando le drammatiche immagini del rogo che si è sviluppato all'interno del carcere. Nei video - che vengono postati anche sui social - si vedono anche i familiari dei detenuti che attendono all'esterno per avere notizie dei loro cari. Secondo le ultime notizie fatte pervenire dall'amministrazione penitenziaria fino a questo momento sarebbero state identificate 17 delle 51 vittime.