Ogni mese, in Italia, vengono pubblicati online 5.300 contenuti con insulti omofobi. E durante il mese del Pride, salgono a 6.600 (circa il 25% in più).
Questo è quanto riporta lo studio fatto dall' agenzia Dentsu Italia che ha analizzato lo scenario delle conversazioni digitali in riferimento alle parole d’odio e ai 20 insulti più frequenti riferiti alla community LGBTQ+, per identificare le distorsioni e le polarizzazioni di pensiero degli italiani. Il documento “The dark side of pride” riporta, a titolo esemplificativo, 50 messaggi di odio presi dai principali canali social e selezionati tra gli oltre 280.000 messaggi tracciati nel corso della ricerca. Lo studio, realizzato sulla piattaforma di web monitoring Brandwatch e frutto quindi di una mappatura delle conversazioni online, dice che tra il 01 gennaio 2018 e il 31 maggio 2022 sono stati pubblicati in rete 283.165 contenuti che includono un insulto omofobo, di cui il 63% su Twitter (con una “corrente sommersa” piuttosto compatta che attraversa anche blog, forum, siti di news e Tumblr) e il 10% sui siti di News, prodotti da 75.775 utenti unici complessivi.
Insieme ai numeri dedicati alle dimensioni dell’odio, il documento rivela anche che il 60% degli utenti che promuovono gli hate speech contro persone LGBTQ+ è di genere maschile.
“Abbiamo voluto produrre un paper che permettesse al lettore di immergersi non solo nel malessere di una comunicazione violenta e offensiva, ma anche di riflettere sul peso sbagliato che diamo alle parole, mascherando la fragilità con l’autoironia e confondendo il non rispetto degli altri con ‘il senso dell’umorismo’ - commenta Ilaria Affer, Social Impact Director di Dentsu Italia - Quello che fotografiamo in questo documento non è un fenomeno limitato al mese del Pride: le persone LGBTQ+, ma anche gli etero di riflesso, vivono quotidianamente immersi in questo mondo di insulti gratuiti e di etichette stereotipate. Pensare che si tratti solo di parole è chiudere gli occhi di fronte alla potenza che il linguaggio ha nel suggestionarci e nel definire di rimando che tipo di immagine abbiamo di noi stessi”.