La manifestazione globale

Iraniani in Italia: "Preoccupati per i nostri concittadini in Iran, siamo la loro voce"

"Chiediamo alla comunità internazionale che riconosca questa lotta", mentre nel paese sale il bilancio della violenta repressione, 378 morti, di cui 47 minori. Il tribunale teocratico condanna a morte altri due manifestanti

La protesta nel nome di Mahsa Amini affolla le piazze del mondo. Oggi è manifestazione globale in molte città del mondo, come nella Capitale. Nonostante la pioggia battente in centinaia hanno marciato nel corteo che stamane è partito da Piazza della Repubblica per arrivare a Piazza Vittorio Emanuele II. In testa lo slogan/manifesto Donna, Vita, Libertà! cittadini italiani insieme alla comunità di esuli iraniani in Italia. A Milano da corso Venezia a piazza San Babila urlano in coro Jin Jiyad Azadi! la versione in curdo dello slogan.  

La sorte della ventiduenne curda finita in coma e deceduta dopo essere stata arrestata dalla polizia morale perché non indossava correttamente il velo, ha innescato il più grande moto popolare contro il regime degli ayatollah dal loro insediamento al potere nel 1979. Continua a salire il bilancio delle vittime della repressione: secondo Iran Human Rights, Ong con sede a Oslo, sono almeno 378 i manifestanti uccisi dai manganelli dei Pasdaran, di cui 47 minori. Tra questi un bambino di 10 anni, Kian Pirfalak morto in scontri a Izeh, nell’ovest dell’Iran vicino a un centro commerciale ha creato sgomento e rabbia sui social. Secondo le autorità si è trattato di un attacco da parte di un "gruppo terrorista" ma la famiglia ha puntato il dito contro le forze di sicurezza iraniane.

Migliaia i dimostranti arrestati, alcuni dei quali già condannati a morte. Il tribunale teocratico li consiera “nemici di Dio” e per questo ha avviato processi sommari, dove la pena capitale non è esclusa. Salgono a cinque i condannati a morte “ufficiali”. La reazione alle rivolte è stata particolarmente dura nel Kurdistan iraniano, provincia natale di Amini, e nel Sistan-Baluchistan, roccaforte della minoranza sunnita che paga il prezzo più alto con 123 vittime.

Molti i video e le foto che documentano la violenza condivisi dai manifestanti attraverso i social dove la protesta, nonostante le interruzioni volute dal regime, vive di vita propria al di là della piazza reale. Un aspetto che gli analisti considerano uno dei fattori determinanti di questa proto-rivoluzione.

“In Iran i nostri fratelli e le nostre sorelle stanno combattendo a mani nude e noi siamo qui per dare loro voce, il regime li sta uccidendo, sta uccidendo i bambini, noi siamo qua per dargli voce, chiediamo alla comunità internazionale che riconosca questa lotta, per la libertà e la democrazia. Gli iraniani non si riconoscono nel regime della Repubblica islamica, noi siamo preoccupati per loro che rischiano la vita nelle piazze iraniane, anche se viviamo qui, gli siamo accanto e vogliamo essere la loro voce”.

In Iran i nostri fratelli e le nostre sorelle stanno combattendo a mani nude e noi siamo qui per dare loro voce, il regime li sta uccidendo, sta uccidendo i bambini, noi siamo qua per dargli voce, chiediamo alla comunità internazionale che riconosca questa lotta, per la libertà e la democrazia. Gli iraniani non si riconoscono nel regime della Repubblica islamica, noi siamo preoccupati per loro che rischiano la vita nelle piazze iraniane, anche se viviamo qui, gli siamo accanto e vogliamo essere la loro voce

 

Parisa Nazari, attivista e mediatrice interculturale

Negli occhi e nelle parole dei manifestanti “non solo velo” ma i diritti fondamentali dell'individuo, prima di tutto libertà e giustizia. In questi giorni, ricordano, si commemora il "novembre di sangue" del 2019, quando furono molte le vittime, almeno 1500, anche se non vi è conferma del numero. Contestavano già l'aumento del prezzo del carburante anche a causa dell'effetto delle sanzioni Usa dopo l'uscita di Washington dall'accordo sul nucleare nel 2018.

"Le potenze arroganti, gli Stati Uniti e gli europei, arrabbiati per gli sviluppi dell'Iran, sono comparsi sulla scena (delle attuali proteste) con tutti i loro mezzi, ma non possono fare nulla", ha detto la guida suprema Ali Khamenei, incolpando ancora una volta l'Occidente per le proteste anti-governative. "Gli incidenti e i crimini attuali, commessi da alcuni individui inferiori, non possono danneggiare il sistema e questo senza dubbio finirà", ha detto - citato dalla tv di Stato - il leader supremo, invitando la magistratura ad affrontare con forza i "ribelli", in base al livello di coinvolgimento nelle proteste, e nel frattempo ad evitare punizioni arbitrarie. "Gli americani si sono opposti alla repubblica islamica con l'aiuto del regime sionista, e di alcuni stati regionali, ma hanno fallito", ha aggiunto. Alcune molotov hanno incendiato la casa museo di Khomeini nelle ultime ore.

L'Unione Europea ha già avviato l'istituzione di un nuovo pacchetto di sanzioni all'Iran a causa delle violenze: nella lista ci sono il Ministro dell'interno, i Pasdaran e la tv di Stato iraniana.

Manifestazione per Mahsa Amini, a Sydney 19 novembre 2022 Getty
Manifestazione per Mahsa Amini, a Sydney 19 novembre 2022