#2024

Dal Medio Oriente all'Ucraina, dal Sudan al Myanmar: le guerre del 2023 che minacciano il 2024

Non solo morte e distruzione, ma anche migrazione, carestie, perdita d'identità. Venti di guerra soffieranno ancora a lungo per tutto il 2024 mentre l'umanità è sotto il fuoco continuo anche delle conseguenze del cambiamento climatico

Dal Medio Oriente all'Ucraina, dal Sudan al Myanmar: le guerre del 2023 che minacciano il 2024
epa/mohammed saber
Casa distrutta dagli attacchi aerei israeliani nel sud di Gaza City

L'anno che sta per andarsene è stato segnato da due guerre, quella russo-ucraina che continua e quella iniziata oltre due mesi fa tra Israele e Hamas. Due conflitti che hanno polarizzato l'attenzione internazionale e la pubblica opinione per i quali, nonostante gli sforzi, non si riesce a trovare una soluzione diplomatica e che rischiano di peggiorare allungandosi per tutto il 2024. 

La controffensiva ucraina non è riuscita a ribaltare le sorti del conflitto cominciato due anni fa e - secondo alcuni analisti - in questi lunghi mesi ha rappresentato il più alto rischio di scontro nucleare degli ultimi 60 anni.  Ci voleva una “nuova guerra” quella mediorientale perché quel timore uscisse di scena mentre, invece, è sempre là a ricordarci che una guerra alle porte dell'Europa è ancora possibile. Lì dove il Paese considerato culla della civiltà russa ha, invece, ottenuto il via libera per entrare a far parte dei 27. 

Fonti non confermate parlano di almeno 190mila soldati ucraini rimasti vittima di due anni di guerra. Un ucraino su 3 è stato costretto a fuggire dal proprio Paese. E anche per i militari russi, il Cremlino non fornisce dati certi. Secondo il New York Times sarebbero almeno 120mila quelli rimasti sul terreno. Ma sono i civili le vittime principali in tutti i conflitti. 

Non solo morte e distruzione, guerra significa soprattutto migrazione, carestia, diritti umani violati e perdita d'identità.  “L'atto più bestiale dell'uomo sull'uomo” scriveva Ungaretti. C'è poi rispetto al passato, non troppo remoto, un'amplificazione della violenza che passa attraverso i social network, dove agli occhi di chi guarda nulla è risparmiato.

Sfollati palestinesi afp
Sfollati palestinesi

Nel 2023 abbiamo visto queste conseguenze verificarsi tutte insieme in pochi kilometri quadrati. La guerra nella Striscia di Gaza è stata quella che ha preso tutti di sorpresa, non solo per la sua drammatica intensità, ma anche per le sue atrocità senza precedenti: 20mila le vittime palestinesi in poco più di 70 giorni di conflitto e 1.200 gli ebrei massacrati il 7 ottobre per mano di Hamas (decine di vittime anche tra i 240 ebrei presi in ostaggio) e centinaia di donne oggetto di violenti stupri, non una novità nell'ambito dell'uso di quella che è definita una vera e propria arma di guerra, sul corpo femminile, in tutti i conflitti. L'Onu denuncia una crisi umanitaria senza precedenti con un quarto della popolazione che muore di fame e 1 milione e 900 mila sfollati che non sanno dove andare e perfino il vicino Egitto chiude loro le porte.

L'amministrazione Biden, coinvolta in tutti e due gli scenari, ha mantenuto finché ha potuto la linea del sostegno occidentale a Kiev. Ma nel 2024, anno elettorale negli Usa e in Unione Europea, il suo raggio d'azione sarà limitato e la capacità di Washington di finanziare Kiev è ora fortemente in dubbio. Il conflitto Russia-Ucraina si trascinerà anche durante l'anno nuovo, col rischio di un ulteriore stallo e lo spettro di una spartizione del Paese, con una vittoria sperata dal presidente Vladimir Putin durante la prossima primavera.

Attacco missilistico russo nel quartiere residenziale di Kiev, Ucraina, 16 dicembre GettyImages
Attacco missilistico russo nel quartiere residenziale di Kiev, Ucraina, 16 dicembre

Quando a maggio scorso papa Francesco parlò per la prima volta di terza guerra mondiale a pezzi non fu difficile credergli.  Il pontefice parlò di conflitti dimenticati che, però, interessano vaste aree del mondo. E a nulla valgono gli appelli alla pace, anche quelli delle organizzazioni umanitarie internazionali. “Oltre il nemico dobbiamo cercare di vedere l'uomo, si fermi la guerra in Terra Santa” ha detto il pontefice nel messaggio urbi et orbi, auspicando "il ritorno degli sfollati nelle loro case in legalità e sicurezza, e il mutuo rispetto delle tradizioni religiose e dei luoghi di culto di ogni comunità". “Siamo circondati da un mare di odio”, ha spiegato il Patriarca di Gerusalemme Cardinale Pizzaballa. 

Soldati israeliani nella Striscia di Gaza afp
Soldati israeliani nella Striscia di Gaza

La guerra cominciata il 7 ottobre per mano dei terroristi di Hamas, ha cambiato per sempre il Medio Oriente e senza un cessate il fuoco duraturo, continua ad attrarre fazioni anti-israeliane con base in Libano e Siria. Le autorità israeliane promettono una lunga campagna destinata ad aggravare ulteriormente le condizioni di vita dei civili, dipendenti dall'assistenza umanitaria internazionale che ha difficoltà di accesso alla Striscia di Gaza. In base alla sua annuale "watchlist di emergenza" pubblicata questo mese, l'International Rescue Committee, organizzazione non governativa con sede a Bruxelles che si occupa di seguire i conflitti e nel caso prevenirli, ha classificato il conflitto in Israele e nei territori palestinesi occupati come la crisi più evidente da tenere d'occhio nel 2024. 

 

Ma il Medio Oriente è segnato anche da altri annosi conflitti come quelli in Siria e in Yemen, con conseguenze sempre più drammatiche per i civili, in termini di distruzione, povertà e speranza per il futuro.

Yemen, studente in una scuola di Sana'a Ansa
Yemen, studente in una scuola di Sana'a

Nel 2023 non troppo lontano dalla guerra in Ucraina, nei Balcani è riesploso il conflitto interno tra serbi e albanesi. A Belgrado migliaia di manifestanti chiedono "nuove elezioni". Per i sondaggi l'opposizione era in vantaggio e il partito del presidente Vucic è accusato di aver ottenuto un "vantaggio ingiusto" a causa della parzialità dei media e delle irregolarità del voto. 

Ma se si guarda alle guerre civili sono due quelle ancor più rovinose: Sudan e Myanmar sono stati teatro di diffuse atrocità e crimini di guerra. Entrambi i Paesi sono sprofondati in una spirale apparentemente irreversibile di crisi umanitarie. L'Africa sub-sahariana non è stata da meno: segnata, come è stata, da una serie di golpe militari come in Gabon e Niger, seguiti a quelli relativamente recenti in Burkina Faso, Mali e Guinea. 

Bambini in Sudan ©ASHRAF SHAZLY AFP/Getty Images
Bambini in Sudan

In Sudan, otto mesi di combattimenti tra l'esercito nazionale e le forze paramilitari di Supporto Rapido hanno lasciato più del 50% della nazione bisognoso di aiuti umanitari e costretto circa 6 milioni di persone ad abbandonare le proprie case. Circa 19 milioni di bambini sono senza istruzione, poiché il conflitto ha provocato la chiusura di migliaia di scuole. “Il Sudan è diventato la più grande crisi di sfollati del mondo. La capacità di fornire aiuti è ostacolata dalla mancanza di accesso e di fondi umanitari”, scrive l'Irc. La polarizzazione etnica, tribale e regionale dell'attuale guerra sta ulteriormente minacciando il già limitato accesso agli aiuti.

Un tank in Sudan AFP
Un tank in Sudan

Non solo territorio conteso, l'essere umano è sotto il fuoco continuo delle conseguenze dei cambiamenti climatici. Il 2023 è stato anche l'anno da caldo record e fenomeni meteorologici estremi a ripetizione, a riprova della gravità e dell'accelerazione dei cambiamenti climatici in tutti i continenti. Uno degli episodi più violenti è avvenuto, lo scorso settembre, col manifestarsi di forti piogge in Libia, che hanno portato al cedimento delle dighe e inondazioni improvvise che hanno travolto Derna, uccidendo più di 11mila persone.  Secondo le previsioni del Washington Post, anche nel 2024 alcuni di questi scenari proseguiranno e molte delle crisi già in atto sono destinate a peggiorare. 

Una strada danneggiata dalla tempesta Daniel a Derna, Libia, 12 settembre 2023 (AP)
Una strada danneggiata dalla tempesta Daniel a Derna, Libia, 12 settembre 2023

C'è poi un'altra guerra, quella contro i trafficanti di essere umani che, proprio dall'Africa, favoriscono crescenti flussi migratori verso l'Occidente. Una conseguenza dell'instabilità sociale e delle pressioni economiche post-pandemia che coinvolge in modo più diretto l'Unione Europea e il nostro paese, geograficamente tra i più vicini al nord Africa.

Migranti a Lampedusa in attesa del trasferimento Ansa
Migranti a Lampedusa in attesa del trasferimento

Le 10 nazioni della "watchlist" stilata dal Comitato internazionale della Croce Rossa rappresentano l'86% di tutte le persone bisognose di aiuti umanitari a livello globale. Dietro l'instabilità politica che consuma queste società si nasconde lo spettro di un pianeta che si surriscalda, poiché siccità e altri shock climatici colpiscono alcune delle comunità più vulnerabili del mondo. Tre decenni fa, il 44% dei conflitti avveniva in stati vulnerabili dal punto di vista climatico, mentre ora quella cifra è del 67%. 

 

Siccità in Somalia Ansa
Siccità in Somalia

Secondo fonti concordanti, sono già in atto 300 micro conflitti in tutto il mondo per il possesso o il controllo dell'acqua, l'oro blu. Un esempio più significativo è la diga Renaissance in Etiopia, che gestisce il flusso delle acque del Nilo (Bianco) che non solo attraversa e approvigiona il Sudan, ma condiziona la portata idrica in Egitto. 

Niger, festa dell'indipendenza a Niamey AFP
Niger, festa dell'indipendenza a Niamey

Al di là della polarizzazione delle guerre “occidentali” è l'Africa il continente che ospita la maggior parte dei potenziali punti caldi, a cominciare dalle tre nazioni della cosiddetta "cintura golpista", ovvero quelli guidati da giunte militari: Burkina Faso, Mali e Niger. Il 2023 è stato segnato da oltre 40 milioni di sfollati e rifugiati, dato che non sembra destinato a diminuire nel 2024. 

Secondo una ricerca del Centro africano per gli studi strategici, sono 149 milioni gli africani che vivono una grave crisi alimentare, di cui l'82% vive in Paesi in guerra. Un numero aumentato del 150% rispetto al 2019. L'esercito burkinabe è in difficoltà di fronte a un'ondata di militanza islamica, con diverse fazioni che controllano più della metà del Paese. In Mali e Niger, dove si manifestano dinamiche simili, la crescente insicurezza alimentare e l'esaurimento degli aiuti esteri stanno facendo precipitare milioni di persone verso un pericolo maggiore. 

 

Altri due Paesi da tenere particolarmente d'occhio saranno la Somalia, dove gli insorti jihadisti di Al-Shabaab - gruppo fondato nel 2004 - continuano ad operare, con l'obiettivo di creare uno Stato islamico-fondamentalista nel Corno d'Africa. 

Preoccupa molto anche l'Etiopia, lontana dai riflettori, già teatro di un lungo conflitto con la confinante Eritrea, dal 2020 di una guerra civile interna con la regione del Tigray e di un conflitto nell'Oromia che ha fatto oltre 600.000 civili morti. Le altre aree del Continente particolarmente calde sono la Repubblica centrafricana, l'Est della Repubblica democratica del Congo, nel cuore dei Grandi Laghi. Non di meno la Nigeria e il Camerun, nel mirino degli estremisti di Boko Haram, e nel caso del Camerun di forti tensioni tra anglofoni e francofoni. 

Taiwan, manifestazione per Apple Daily, il 14 dicembre 2021 gettyimages
Taiwan, manifestazione per Apple Daily, il 14 dicembre 2021

In Asia, le elezioni a Taiwan potrebbero essere segnate da nuove provocazioni da parte della Cina, in un momento in cui l'amministrazione Biden sta cercando di portare una certa stabilità nelle sue relazioni con Pechino. Ma l'incendio più grande potrebbe avvenire in Myanmar, dove la giunta al potere si sta riprendendo da un'offensiva lanciata da una coalizione di milizie ribelli e vede una crescente diserzione tra le sue fila.  "Il Myanmar si sta dirigendo verso una nuova fase del conflitto, caratterizzata da un regime indebolito ma ancora pericoloso, da una violenza più intensa e da una maggiore incertezza", ha osservato l'International Institute for Strategic Studies.

Punto nero della regione immersa nel bellissimo mare dei Caraibi è l'isola di Haiti, dominata da bande criminali senza scrupoli, da anni in bilico sull'orlo del collasso dello Stato dopo l'assassinio del presidente Jovenal Moise nel 2021.

Myanmar migliaia di persone costrette a scappare a seguito del golpe di stato FRED DUFOUR/AFP via Getty Images
Myanmar migliaia di persone costrette a scappare a seguito del golpe di stato

In Sud America sono diversi gli scenari incandescenti. Uno in particolare sembra contenere lo stesso problema legato alla sovranità territoriale riscontrato nelle due guerre “occidentali” principali: la contesa territoriale sulla Guyana Esequiba, regione che costituisce i due terzi dello Stato della Guyana, ricca di petrolio e risorse minerarie. Un recente referendum tenutosi in Venezuela con esito positivo rivendica la sovranità su quel territorio, al centro di una disputa che dura da quasi 200 anni. Il presidente Nicolas Maduro vorrebbe annettere il territorio, mentre la Guyana si oppone con buona pace del Brasile, che confinando con entrambi, ha già aumentato i propri militari lungo le frontiere, temendo una possibile escalation e l'inizio di un conflitto armato. 

Punto interrogativo sulla Colombia, sempre in preda ai cartelli della droga e zona di transito di ingenti flussi migratori verso gli Usa, mentre il Cile è in cerca di una nuova Costituzione e l'Argentina per rialzarsi da una crisi socio-economica disatrosa seguita al regno dei peronisti, ha appena eletto il controverso presidente populista e liberista, Javier Milei, che sta imponendo il suo piano di austerity, lacrime e sangue, ed è già fortemente contestato. 

La nuova mappa del Venezuela con il territorio di Essequibo, una vasta fascia di terra amministrata e controllata dalla Guyana ma rivendicata dal Venezuela ap
La nuova mappa del Venezuela con il territorio di Essequibo, una vasta fascia di terra amministrata e controllata dalla Guyana ma rivendicata dal Venezuela

L'attenzione resta alta anche nel silente Afghanistan, tornato nella morsa dei Talebani da agosto 2021, che impongono misure sempre più opprimenti ai danni delle donne, mentre il Paese sprofonda sempre più nella povertà e nella fame. 

In Iran la situazione non è migliore, la rivolta del velo cominciata un anno e mezzo fa con la morte di Mahsa Amini, cova sotto la cenere: la massiccia protesta anti-governativa cominciata con le donne ha messo in difficoltà il regime guidato dagli ayatollah al potere da 44 anni. Dopo il 7 ottobre per la Repubblica islamica è cominciata un'altra fase non meno pericolosa in cui la teocrazia al potere cavalca una "guerra per procura" contro Israele considerato nemico numero uno insieme agli Stati Uniti. Anche qui si attendono le elezioni politiche previste per marzo 2024.

La foto simbolo scattata nel Kurdistan iraniano durante la manifestazione per i 40 giorni dalla morte di Mahsa Amini social media
La foto simbolo scattata nel Kurdistan iraniano durante la manifestazione per i 40 giorni dalla morte di Mahsa Amini

Infine in Caucaso dopo che un altro conflitto per la lotta al territorio ha visto l'Armenia e l'Azerbaigian contendersi la regione del Nagorno-Karabakh. Baku ha riconquistato l'enclave separatista a settembre scorso dopo tre decenni di conflitto. Ora i due paesi hanno promesso ''misure concrete'' per normalizzare le relazioni, ribadendo l'intenzione di ''firmare un accordo di pace'' e la liberazione di 32 prigionieri di guerra armeni, in cambio di due soldati dell'Azerbagian.  Per loro, forse, il 2024 potrebbe essere un anno di pace.

La popolazione armena lascia il Nagorno-Karabakh Ap
La popolazione armena lascia il Nagorno-Karabakh