Foibe

Giorno del Ricordo, Mattarella: "La costruzione dell'Unione europea un antidoto alle barbarie"

Nella memoria delle vittime, dell'esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale. Il ministro Tajani: "Lavorare a una pace giusta, il miglior modo per onorare le vittime"

Si celebra oggi il Giorno del Ricordo, in memoria dei quasi ventimila italiani torturati, assassinati e gettati nelle foibe (le fenditure carsiche usate come discariche) dalle milizie della Jugoslavia di Tito alla fine della Seconda guerra mondiale. 

"In quelle martoriate ma vivacissime terre di confine, che da secoli ospitavano popoli, lingue, culture, alternando fecondi periodi di convivenza a momenti di contrasto e di scontri, il secolo scorso ha riservato la tragica e peculiare sorte di vedere affiancati, a pochi chilometri di distanza, in una lugubre geografia dell'orrore, due simboli della catastrofe dei totalitarismi, del razzismo e del fanatismo ideologico e nazionalista: la Risiera di San Sabba, campo di concentramento e di sterminio nazista, e la Foiba di Basovizza, uno dei luoghi dove si esercitò la ferocia titina contro la comunità italiana". Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che presiede la cerimonia al Salone dei Corazzieri . Mattarella ha aggiunto: "Quel territorio, intriso di storie e di civiltà, condivise lo stesso tragico destino di molti Paesi dell'Europa centro-orientale, che, dopo la sconfitta del nazifascismo, si videro negate le aspirazioni alla libertà, alla democrazia e all'autodeterminazione dall'instaurazione della dittatura comunista, imposta dall'Unione Sovietica. Milioni di persone, in quei Paesi si videro allora espulse dalla terra che avevano abitato, costrette a mettersi in cammino alla ricerca di una nuova patria". 

Il capo dello Stato ha ripercorso quel pezzo di storia: "La ferocia che si scatenò contro gli italiani in quelle zone non può essere derubricata sotto la voce di atti, comunque ignobili, di vendetta o giustizia sommaria contro i fascisti occupanti; il cui dominio era stato intollerante e crudele per le popolazioni slave, le cui istanze autonomistiche e di tutela linguistica e culturale erano state per lunghi anni negate e represse. Le sparizioni nelle foibe o dopo l'internamento nei campi di prigionia, le uccisioni, le torture commesse contro gli italiani in quelle zone, infatti, colpirono funzionari e militari, sacerdoti, intellettuali, impiegati e semplici cittadini che non avevano nulla da spartire con la dittatura di Mussolini. E persino partigiani e antifascisti, la cui unica colpa era quella di essere italiani, di battersi o anche soltanto di aspirare a un futuro di democrazia e di libertà per loro e per i loro figli, di ostacolare l'annessione di quei territori sotto la dittatura comunista". 

Sono presenti, oltre alla premier Giorgia Meloni, seduta accanto al capo dello Stato, i ministri degli Esteri Antonio Tajani, della Difesa Guido Crosetto, degli Interni Matteo Piantedosi. In prima fila anche il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e quello dello sport Andrea Abodi. 

“Nel giorno del ricordo siamo tutti in un ideale raccoglimento di fronte a ogni foiba a ogni cippo o monumento di fronte alle molte semplici croci di legno” per non dimenticare “una delle pagine più buie della nostra patria”. Il ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Antonio Tajani ricorda quelle vittime delle quali “finalmente emergono i nomi”. E aggiunge: “Abbiamo abbattuto il muro dell'oblio”.

Tajani, nel suo intervento, ricorda come “purtroppo” le foibe "non sono l'unico atto di pulizia etnica che ha funestato i Balcani nel XX secolo. Si può anzi dire che abbiano anticipato altre tragedie, che mezzo secolo dopo avrebbero accompagnato la dissoluzione dell'ex-Jugoslavia. Ma naturalmente questo è il dramma che ci riguarda più da vicino, che ci tocca più dolorosamente". Per questo, ricorda il ministro, "il governo Berlusconi nel 2004 decise di istituire il giorno del ricordo il 10 febbraio, come doveroso omaggio alle vittime e come monito perché simili drammi non si ripetano". Ricordare "è un dovere morale, civile, politico, ma non significa in alcun modo riaprire antichi conflitti. I responsabili di quelle stragi sono persone fisiche da tempo scomparse, inquadrate nell'ambito di una forza armata, espressione di uno Stato oggi dissolto, l'Esercito Popolare di liberazione Jugoslavo, guidato dal Maresciallo Tito, ed erano ispirate da un'ideologia sconfitta dalla storia. Gli Stati che hanno preso il posto dell'ex-Jugoslavia non hanno alcuna responsabilità delle violenze di allora". 

Il ministro sottolinea che "oggi, nuove ombre si addensano sulla pace. L'ordine internazionale pacifico, basato sulle regole, è posto in discussione in tante aree del mondo, ed anche nel nostro continente. Oggi più che mai l'Europa e l'Alleanza Atlantica sono di fronte alle sfide decisive per delineare quello che sarà il mondo nei decenni a venire". 
"Lavorare per una pace giusta - sostiene Tajani - rispettosa dei diritti dei popoli e della sovranità delle nazioni è il solo modo che abbiamo per dire davvero 'mai più' e conservare il ricordo di una tragedia italiana. Questo è il modo migliore per rendere onore alle vittime delle foibe". Ricordare "quella stagione di conflitti - afferma il ministro degli Esteri - attraverso materiali oggi a disposizione di tutti, ci consente di avvertire ancora meglio il grande valore della pace, della convivenza proficua e cordiale fra popoli diversi ma uniti da una comune identità europea. È questo il grande valore dell'Europa, la ragione che - prima di ogni altra - ci rende profondamente, convintamente europeisti. Il grande sogno di Adenauer, di Schuman, di De Gasperi, leader di nazioni che si erano combattute aspramente fino a pochi anni prima e che decisero di intraprendere un percorso comune verso un futuro diverso".

"Le foibe e l'esodo hanno rappresentato un trauma doloroso per la nascente Repubblica che si trovava ad affrontare la gravosa eredità di un Paese uscito sconfitto dalla guerra. Quelle vicende costituiscono una tragedia, che non può essere dimenticata. Non si cancellano pagine di storia, tragiche e duramente sofferte. I tentativi di oblio, di negazione o di minimizzare sono un affronto alle vittime e alle loro famiglie e un danno inestimabile per la coscienza collettiva di un popolo e di una nazione". 

E riferendosi ai conflitti in corso in Ucraina, Medio Oriente e in altre zone del mondo, Mattarella ribadisce che contro “le pagine buie della storia, anche d’Europa” che “sembrano volersi riproporre disponiamo di un forte antidoto e dobbiamo consolidarlo e svilupparlo sempre di più. La costruzione dell’Unione Europea, pur con i suoi ritardi e le sue carenze, ha rappresentato, come ha fatto ben presente il professor Rossi, il ripudio della barbarie provocata da tutti i totalitarismi del Novecento e la concreta e valida direzione di marcia per guardare al futuro con fiducia e speranza. In questo quadro nelle splendide terre di cui parliamo, oggi, grazie alla comune appartenenza all’Unione Europea, non esistono più barriere o frontiere, ma strade e ponti”.

Così, “l’istituzione del Giorno del Ricordo, con tante iniziative da essa scaturite, con ricerche, libri, dibattiti, ha avuto il merito di riconnettere la memoria collettiva a quel periodo e a quelle sofferenze, dopo anni di rimozione. Ha reso verità a tante vittime innocenti e al dolore dei loro familiari. Tutto questo è stato importante, doveroso, giusto. Ma non è sufficiente”, ha spiegato il Capo dello Stato, secondo il quale “il ricordo, la memoria della persecuzione e delle tragedie, deve essere fecondo, deve produrre anticorpi, deve portarci, come hanno sottolineato, con semplicità e straordinaria efficacia, Lada e Alessandra Rivaroli, a fare in modo che simili crudeli lacerazioni nei confronti della libertà, del rispetto dei diritti umani, della convivenza appartengano a un passato irripetibile. Malgrado queste tragiche esperienze del passato, assistiamo con angoscia anche oggi, non lontano da noi, al risorgere di conflitti sanguinosi, in nome dell’odio, del nazionalismo esasperato, del razzismo”.

Per l'occasione sarà proiettato i docufilm dal titolo “Kevina Jama – La Foiba Grande”, con l'intervento della protagonista Alessandra Rivaroli, e la lettura di un brano tratto dal libro “Chi ha paura dell’uomo nero” di Graziella Fiorentin. Durante la cerimonia, condotta, dall'attrice Viola Graziosi ha letto le testimonianze degli esuli di Istria e Dalmazia e di familiari di vittime delle foibe. 

Il Giorno del Ricordo è stata creato in memoria delle vittime delle foibe e degli italiani costretti all'esodo dalle ex province italiane della Venezia Giulia, dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia è un tema che ancora divide. Nel 1943, dopo tre anni di guerra, il regime di Mussolini era ormai giunto al termine. Ne erano seguiti la resa dell'8 settembre, lo scioglimento del Partito fascista,  lo sfaldamento delle nostre Forze Armate. Nei Balcani, e particolarmente in Croazia e Slovenia, le due regioni balcaniche confinanti con l'Italia, il crollo dell'esercito italiano aveva coinvolto le due capitali, Zagabria (Croazia) e Lubiana (Slovenia).

Qui avevano avuto il sopravvento le forze politiche comuniste guidate da Josip Broz, nome di battaglia "Tito". La prima ondata di violenza esplose proprio dopo la firma dell'armistizio, l'8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani jugoslavi di Tito si vendicarono contro i fascisti che, nell'intervallo tra le due guerre, avevano amministrato questi territori con durezza, imponendo un'italianizzazione forzata e reprimendo e osteggiando le popolazioni slave locali. Con il crollo del regime i fascisti e tutti gli italiani non comunisti vennero considerati nemici del popolo, molti torturati e poi gettati nelle foibe. Morirono, si stima, circa un migliaio di persone. Le prime vittime di una lunga scia di sangue.

Il Senato aderisce alle iniziative previste per il Giorno del Ricordo, in memoria delle vittime delle foibe, dell'esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale, illuminando con il Tricolore la facciata di Palazzo Madama dalle ore 21 di oggi fino all'alba di domenica 11 febbraio ed esponendo le bandiere a mezz'asta. Domani, dalle ore 18 e fino all'una della notte di domenica, anche la facciata di Montecitorio si illuminerà con il Tricolore.