Papa Francesco in Sud Sudan: un “viaggio ecumenico di pace e riconciliazione” per risanare le ferite

La vita della santa africana Giuseppina Bakhita la dice lunga sulla sofferenza di questo popolo: fu rapita e venduta come schiava sei volte. “L’Africa non è una miniera da sfruttare e da saccheggiare”

Papa Francesco in Sud Sudan: un “viaggio ecumenico di pace e riconciliazione” per risanare le ferite
Cortesia AMECEA (Association of Member Episcopal Conferences in Eastern Africa)
Papa Francesco in Sud Sudan

Per l’ultima tappa del suo viaggio apostolico in Africa dal 3 al 5 febbraio, Papa Francesco sarà nella terra del Sud Sudan, in particolare nella città di Giuba che domina la sponda occidentale del Nilo Bianco. Il pontefice arriva in una delle zone più calde del continente nero, ed è il primo a visitare il paese più giovane del mondo dopo l’indipendenza nel 2011, e anche il quarto paese più povero al mondo nonostante sia tra i più ricchi di risorse naturali. L’attuale presidente è cattolico come la stragrande maggioranza della popolazione (circa 13 milioni di abitanti).

Il viaggio ecumenico di pace e riconciliazione di Papa Francesco si conclude nella terra della Santa Giuseppina Bakhita, rapita all’età di nove anni e poi venduta come schiava per sei volte consecutive. La vita della santa africana la dice lunga sulla sofferenza di questo popolo, ma anche sulla speranza in un Dio che è amore e non dimentica il grido di sofferenza dei suoi figli. “La visita del Papa rappresenta per noi una grazia di Dio, ci sentiamo benedetti” ha dichiarato all’agenzia cattolica Omnes Monsignor Eduardo Hiiboro Kussala, vescovo di Tombura-Yambio. “Questo sarà un viaggio storico. Nessun pontefice ha varcato i nostri confini prima d'ora". Il motto del viaggio è: "Prego perché tutti siano una cosa sola". L’inno nazionale del Sud Sudan parla di Giustizia, Libertà e Prosperità valori che rimangono ancora validi, desiderati dalla popolazione che li vuole garantiti per tutti, indipendentemente dallo stato sociale o etnia.

Il Sudan è un paese arabo e musulmano (90%), mentre la popolazione del Sud Sudan è nera e più della metà è cattolica (52%), di cui il 9 % cristiani. Senza aver mai conosciuto una stabilità, il paese è piombato nel 2013 in una guerra civile tra le più sanguinose, provocando 400.000 morti e 4 milioni di sfollati, di cui 2,5 milioni di rifugiati finiti nei paesi confinanti.
La causa principale dei conflitti è stata la guida al potere, la lotta per le ricchezze naturali nelle mani di pochi: il petrolio, le risorse idriche del Nilo Azzurro e delle foreste del Paese. Guerra e cambiamenti climatici in questi ultimi anni hanno creato nel paese insicurezza e povertà. Ci sono ancora ferite aperte che si fanno sentire, ma tutti durante il soggiorno del Papa, portatore di un messaggio di pace e speranza, vorrebbero poterlo abbracciare.

Ad accompagnare Papa Francesco in questo viaggio saranno Justin Welby, arcivescovo di Canterbury, e Iain Greenshields, moderatore dell'Assemblea generale della Chiesa di Scozia. A Giuba i tre si riuniranno presso il Mausoleo “John Garang” dedicato al defunto leader del Movimento di Liberazione del popolo sudanese, e primo vicepresidente del Sudan, per una preghiera ecumenica e un’Invocazione alla Misericordia per il Paese. Un segno di unità ed esempio al popolo africano per mettere da parte le divisioni. Un cammino di pace e allo stesso tempo ecumenico in un contesto devastato e frantumato da decenni di guerre.

Nell’aprile del 2019 Papa Francesco aveva invitato i leader politici sud-sudanesi in conflitto a trascorre un ritiro di due giorni nella sua residenza; l’evento si concluse con un profondo gesto di umiltà da parte del Pontefice che commosse il mondo intero, inginocchiandosi e baciando i piedi dei suoi ospiti. Un incontro che aveva fornito un grande impulso per riavviare e concludere con successo il processo di pace: "Vi chiedo come fratello: rimanete nella pace - ha detto il pontefice -. Andate avanti, ci saranno problemi, ma occorre andare avanti. Voi avete avviato un processo: che finisca bene. Ci saranno lotte fra voi, ma anche queste siano dentro l'ufficio: davanti al popolo le mani unite. Così, da semplici cittadini, diventerete padri di Nazione. Permettetemi di chiederlo col cuore, con i miei sentimenti più profondi". Nel febbraio 2020, Riek Machar aveva prestato giuramento come primo vicepresidente a seguito di un accordo di pace rivitalizzato e per la creazione di un governo di unità nazionale con Salva Kiir, attuale presidente del Sud Sudan, per liberare il paese da un conflitto che fino ad oggi ha causato solo distruzione e morte.

Gli esperti affermano che il tempo è propizio per intensificare la collaborazione con i paesi dell'Africa e ripensare un sistema che inasprisce le disuguaglianze tra e all'interno dei paesi, degrada l'ambiente e mette in pericolo la nostra umanità. Nell’ottica di un’ecologia integrale Francesco lanciò un monito: “Liberiamoci dall'illusione di poter fare del bene mentre l'Africa soffre. Aiutare l'Africa significa aiutare noi stessi”. Il continente africano è la cartina di tornasole di tutte le sfide della globalizzazione: Giù le mani dall’Africa! Basta soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare”.