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Mancata zona rossa in Val Seriana, la relazione di Andrea Crisanti ai pm di Bergamo

Crisanti: "Non prevalse l'esigenza di proteggere la popolazione. Conte frenò per il costo politico ed economico della zona rossa. Piano Covid segretato per non allarmare"

Mancata zona rossa in Val Seriana, la relazione di Andrea Crisanti ai pm di Bergamo
Ansa
Andrea Crisanti

L'agenzia Ansa ha divulgato alcuni estratti della consulenza prestata dal microbiologo Andrea Crisanti alla Procura di Bergamo nell'ambito dell'inchiesta sulla gestione del Covid in Val Seriana, in particolare sulla mancata istituzione della zona rossa, per cui tra gli indagati ci sono l'ex premier Conte, l'ex ministro Speranza e i suoi tecnici, oltre al governatore della Lombardia Attilio Fontana e all'ex assessore lombardo alla sanità Giulio Gallera.

"Conte frenò sulla zona rossa per i suoi costi sociali ed economici"
"La ragione per la quale azioni più tempestive e più restrittive non sono state prese la fornisce il presidente Conte quando nella riunione del 2 marzo 2020 afferma che 'la zona rossa va utilizzata con parsimonia perché ha un costo sociale politico ed economico molto elevato'. Queste considerazioni hanno prevalso sulla esigenza di proteggere gli operatori del sistema sanitario nazionale e i cittadini dalla diffusione del contagio". Lo scrive nella sua consulenza il microbiologo Andrea Crisanti che parla anche di "responsabilità degli organi decisionali nazionali (Cts, ministero della Sanità e Presidenza del Consiglio) e di Regione Lombardia" nella mancata zona rossa in Val Seriana: "L'allora ministro Roberto Speranza, il prof Brusaferro (presidente dell'ISS), il dott. Miozzo (coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico), il dott. D'Amario ( ex direttore generale della Prevenziona sanitaria del Ministero)" erano "a conoscenza del Piano Covid", degli "scenari di previsione" e "della gravità della situazione" e presero "la decisione di segretare il piano per non allarmare l'opinione pubblica". Circostanza di cui erano "a conoscenza" anche "i vertici di Regione Lombardia".

"Piano covid segretato per non allarmare la pubblica opinione"
"La documentazione acquisita - scrive Crisanti - dimostra oltre ogni ragionevole dubbio di come il Cts, il Ministro Speranza e il Presidente Conte avessero a disposizione tutte le informazioni e gli strumenti per valutare la progressione del contagio e comprendere le conseguenze in termini di decessi". E sulla base "delle previsioni dello scenario con Rt=2 il Cts stesso e il Ministro Speranza condivisero la decisione di segretare il Piano Covid", elaborato dall'epidemiologo Stefano Merler, "per non allarmare l'opinione pubblica". Sulla riunione del 2 marzo del Cts con Conte e Speranza, Crisanti scrive che "il Dott. Miozzo stende il verbale" che "non condivide con nessuno e rimane in suo possesso".

Crisanti smentisce Conte e Speranza
Nei giorni 27 e 28 febbraio 2020 "il Cts e il ministro Speranza hanno tutte le informazioni sulla progressione del contagio che dimostravano come lo scenario sul campo" fosse "di gran lunga peggiore di quello ritenuto catastrofico". E le "informazioni sulla gravità della situazione" ad Alzano e Nembro furono oggetto di una riunione del Cts del 2 marzo "non verbalizzata ufficialmente" alla presenza "del ministro Speranza e del presidente Conte". Speranza e Conte "raccontano alla Procura di Bergamo di essere venuti a conoscenza del caso di Alzano e Nembro rispettivamente" il 4 e il 5 marzo.

È inoltre emerso un messaggio inviato da Speranza a Brusaferro: "Conte senza una relazione strutturata non chiude i due comuni. Pensa che se non c'è una differenza con altri comuni ha un costo enorme senza beneficio".

"Fontana e Gallera sapevano"
Anche il governatore lombardo Attilio Fontana e l'allora assessore Giulio Gallera erano "informati sulla previsione degli scenari e sulla decisione di segretare il piano Covid". Sapevano, stando alla relazione, così come "gli organi decisionali nazionali", che "al più tardi il 28 febbraio" l'indice di trasmissione aveva raggiunto e "superato il valore di due". E la "diffusione del contagio non lasciava dubbi che le azioni intraprese non stavano avendo effetto". E "ciononostante - scrive ancora il microbiologo - per 10 giorni non vengono prese azioni più restrittive".

All'ospedale di Alzano il Covid circolava già il 4 febbraio
All'ospedale di Alzano Lombardo il Covid circolava già dal 4 febbraio 2020, più di due settimane prima della data del caso di Paziente 1, con tre pazienti infetti ricoverati nel reparto di medicina al terzo piano e uno nel reparto al secondo piano "con un quadro clinico compatibile con infezione da Sars-Cov2 poi confermata con tampone molecolare".

"C'era 'un manuale', ma venne accantonato a priori"
L'Italia, quando scoppiò l'epidemia di Covid, "aveva un manuale di istruzione, questo era il piano pandemico. Se poi ha affrontato la pandemia senza un manuale è perché questo (...) è stato scartato  a priori senza essere valutato dai principali organi tecnici del ministero". L'ex ministro Speranza ha sempre sostenuto che "il piano era datato e non costruito specificamente su un coronavirus, ma su un virus influenzale". Secondo la relazione di Crisanti "il Piano pandemico nazionale era l'unico documento operativo a disposizione che, sebbene non perfettamente allineato con le più recenti indicazioni di Oms conteneva ben dettagliate una serie di azioni (...) per contrastare la diffusione" del Covid. Crisanti sottolinea poi come "Per 16 anni" ossia dal 2004 al 2020, non è "mai stata intrapresa una singola attività o progetto che avesse l'obiettivo di valutare lo stato di attuazione del Piano Pandemico Nazionale e/o di verificare lo stato di preparazione dell'Italia nei confronti del rischio pandemico".

"Task Force e Cts sapevano della vulnerabilità dell'Italia"
"Già dal giorno 12 febbraio", ossia otto giorni prima di Paziente 1, i componenti "prima della della task force del ministero e poi del Cts, erano "consapevoli della difficoltà di reperire Dpi e materiali per la loro produzione" e quindi conoscevano "la situazione di vulnerabilità in cui si trovava l'Italia e del rischio a cui avrebbero esposto la popolazione e gli operatori sanitari non prendendo iniziative idonee".

Nella consulenza viene riportato anche quel 'modello matematico' con cui Crisanti ha stimato l'effetto che misure più restrittive e tempestive, come la zona rossa, avrebbero avuto "sulla diffusione del virus e della mortalità". La zona rossa in Val Seriana, si legge, "al giorno 27 febbraio 2020 e al giorno 3 marzo 2020 avrebbe permesso di evitare, con una probabilità del 95%, rispettivamente 4148 e 2659 decessi". Il 27 febbraio, secondo la consulenza, è la data in cui "il Cts e Regione Lombardia erano diventati consapevoli della gravità della situazione".