La rivolta del velo

Attacco al mausoleo di Shiraz, Teheran: 26 "stranieri" arrestati

Per il ministero dell'intelligence iraniano i sospettati provengono da Azerbaigian, Afghanistan e Tajikistan. L'attacco, avvenuto il 26 ottobre, è stato rivendicato dall'Isis, ma chi vuole il cambiamento crede che dietro ci sia la mano del regime

Attacco al mausoleo di Shiraz, Teheran: 26 "stranieri" arrestati
AP Photo/Vahid Salemi
Iran, commemorazione davanti all'Ambasciata americana a Teheran di venerdì scorso

E' appena passato l'ennesimo week-end nero di sangue in Iran. Dopo oltre 50 giorni di proteste e repressione, si contano ancora vittime e manifestanti vengono arrestati nella capitale Teheran e soprattutto nell'area calda del Sistan e Baluchistan, area a maggioranza beluci. Nella città di Khash 16 persone sono state uccise dai proiettili della polizia nei tumulti iniziati dopo la preghiera del venerdì.  Le etnie che compongono le regioni della vasta popolazione iraniana - circa 86 milioni di persone -  tra cui oltre a quella azera e beluci, spicca quella curda, sono anch'esse la forza motrice che chiede una riforma radicale della teocrazia degli Ayatollah al potere.  

Il ministero dell'intelligence annuncia che 26 persone provenienti da Azerbaigian, Tajikistan e Afghanistan sono state arrestate per avere avuto un ruolo nell'attacco armato allo storico mausoleo sciita Shahcheragh a Shiraz, il 26 ottobre scorso. Nell'attacco furono almeno 15 le vittime e una quarantina i feriti 40. La nota delle autorità di polizia definisce i sospetti arrestati "terroristi" e "takfiri" (apostati) rivelando che erano entrati in Iran anche per portare avanti attacchi simili a quello di Shiraz. 

"Tutti gli arrestati non sono iraniani - dice il comunicato - il principale leader dell'attentato è un cittadino dell'Azerbagian", si legge nella nota riportata dall'agenzia Irna. 

Secondo Teheran, il leader azero morto subito dopo l'attacco è entrato in Iran dove ha incontrato militanti stranieri dell'Isis - che ha rivendicato l'attentato - attraverso un membro operativo in Afghanistan. "L'operazione a Shiraz è stata appoggiata da un cittadino afgano di nome Mohammad Ramez Rashidi, noto anche come Abubasir, mentre l'attentatore è stato Sobhan Komruni, cittadino del Tajikistan, conosciuto anche come Abu-Ayesheh". Alcuni dei terroristi sono stati inseguiti nelle province di Fars, Tehran, Alborz, Kerman, Qom e Khorasan Razavi prima di essere arrestati e altri sono stati invece catturati mentre tentavano di fuggire attraverso i confini orientali dell'Iran, si legge nel comunicato. 

Alcuni tra cittadini e attivisti sono invece convinti che dietro l'attacco al mausoleo non ci sia l'Isis ma lo stesso regime "Analizzeremo legalmente le accuse secondo cui il ministero dell'intelligence sarebbe stato dietro l'attacco con lo scopo di fermare le "rivolte" in modo tale da dare risposte a chi a contribuito a creare questo scenario Isis-sionista", ha fatto sapere il ministero. 

Ieri nuove proteste hanno scosso le università iraniane e il Nord a maggioranza curda dopo la morte di Nasrin Ghadri, una dottoranda di filosofia curda di Marivan che - secondo l'associazione per i diritti umani Hengaw - sarebbe deceduta sabato dopo essere stata colpita alla testa dalla polizia. Si attende ancora la versione ufficiale in merito al suo decesso. Le regioni popolate dalla minoranza curda, alla quale apparteneva Amini stessa, sono state il crogiolo della mobilitazione insieme alla università. Gli studenti dell'università di Babol, nel nord dell'Iran, nel frattempo hanno rimosso le barriere alla segregazione di genere che per legge erano state erette nella loro mensa. 

Nelle piazze viene vandalizzata perfino la statua del generale Qasem Soleimani, capo della brigata Al Qods, corpo d'élite dei Pasdaran. Soleimani venne ucciso il 3 gennaio 2020 da un drone americano su ordine del presidente Trump come ritorsione all'attacco all'ambasciata usa a Baghdad del 31 diembre precedente. 

Tra i manifestanti in centinaia sono stati arrestati e condotti nel carcere di Evin. Lo stesso in cui è rinchiusa Alessia Piperno e altri dissidenti e prigionieri politici del Paese.

Un gruppo di 227 parlamentari ha definito i dimostranti "nemici di Dio", e per questo chiedono la condanna alla pena di morte per chi partecipa alle proteste per Mahsa Amini. I "mohareb", così vengono chiamati i nemici di Dio vengono puniti per legge con la pena capitale. "Noi come rappresentanti di questa nazione, chiediamo alle autorità di affrontare questi nemici di Dio che, come lo stato Islamico hanno attaccato vite e proprietà e meritano una condanna ed un vendetta divina" si legge nel comunicato diffuso dai parlamentari guidati da Ahmad Amirabadi Farahani. 

Il gruppo rovescia sui dimostranti la responsabilità per le centinaia di morti provocati dalla sanguinosa repressione del regime: "qualcuno di questi criminali ha ucciso civili e membri delle forze di sicurezza, provocando il martirio di decine di persone". E tornano su quelle che considerano “ingerenze straniere” sulla rivolta: "gli Stati Uniti ed altri nemici hanno istigato e organizzato" le proteste, con "il finanziamento e l'invio di armi" ai dimostranti. 

 

Iran, Ebrahim Raisi durante il suo discorso davanti all'ambasciata Usa a Teheran venerdì scorso AP Photo/Vahid Salemi
Iran, Ebrahim Raisi durante il suo discorso davanti all'ambasciata Usa a Teheran venerdì scorso

Venerdì il presidente Ebrahim Raisi si è rivolto alla folla durante la consueta commemorazione annuale davanti all'ex ambasciata degli Stati Uniti a Teheran. L'ambasciata fu presa nel 1979, anno in cui si insediò il regime del padre fondatore e guida spirituale Khomeini.  "Chiunque faccia il più piccolo passo nella direzione di violare la sicurezza e le rivolte, deve sapere che si sta muovendo nella direzione dei nemici della Rivoluzione islamica", ha detto il leader ultraconservatore. "Gli americani pensano di poter eseguire il piano che hanno realizzato in alcuni paesi come la Siria e la Libia qui. Che falso sogno!" La folla ha bruciato le bandiere Usa e Israeliane, mentre un uomo con il costume dello Zio Sam piange inginocchiato.

"Libereremo l'Iran" aveva detto la settimana scorsa il presidente americano Biden in riferimento alle violente repressioni della protesta della popolo iraniano stanco del regime, in quella che è diventata la più grande sfida al regime teocratico al potere da quel 1979. 

 

Bruciano bandiere davanti all'ambasciata Usa a Teheran venerdì scorso AP Photo/Vahid Salemi
Bruciano bandiere davanti all'ambasciata Usa a Teheran venerdì scorso